C’è una voce nel nuovo sito del Sindacato giornalisti del Veneto dal titolo:  “Chi siamo “. La risposta alla domanda ce l’ha fornita in tempi rapidissimi la memoria storica dei giornalisti veneti rappresentata da Giancarlo Bo. Con il suo prezioso lavoro di ricerca ha fornito una ricostruzione che ha la forza dell’attualità.

Dalla lotta alla censura e agli arresti dei giornalisti del generale Bava Beccaris, all’avvento del fascismo, Giancarlo Bo ci fa capire in maniera egregia cosa unisce passato e presente; le battaglie sviluppate in 121 anni di attività del Sindacato giornalisti del Veneto con molti personaggi che hanno fatto la nostra storia e i fatti curiosi che pochi conoscono. La lettura fornisce anche notevoli spunti per capire dove stiamo andando, dalla legge bavaglio agli inviati di guerra che allora si chiamavano redattori viaggianti. Dal “duello del secolo” alla Liberazione per finire con i “tempi moderni”. A nome di tutti i colleghi del Sindacato un sentito grazie a Giancarlo Bo per questo suo egregio lavoro.

IL NOSTRO SINDACATO: 121 ANNI DI VITA (1895-2016)

Lusinghiero, positivo – ieri come oggi – il secolare cammino del nostro Sindacato: all’origine (1895) Associazione Stampa Veneta; dal 1927 (competenza interregionale) Sindacato giornalisti delle Tre Venezie; poi (anni ‘60, costituitosi il Sindacato del Friuli-Venezia Giulia) Sindacato giornalisti delle Venezie; infine (1972, formatosi il Sindacato del Trentino-Alto Adige) ecco l’attuale SINDACATO GIORNALISTI DEL VENETO.

Non vogliamo presentarne una piccola storia o tracciarne un sommario profilo storico: soltanto, con alcuni nomi, non poche date, molte citazioni, cerchiamo di dare (occasione di memoria) uno sguardo su questi 121 anni, per evidenziare il grande ruolo della nostra realtà associativa sindacale: una vicenda sempre interessante e ricca di avvenimenti; sempre con l’intensa, generosa attività di tanti, tanti giornalisti (appunto ieri come oggi) per la conquista, l’ampliamento, la difesa dei diritti della categoria. (Ci saranno, anche, annotazioni di cronaca, non del tutto sindacali, per inquadrare i vari periodi, soprattutto quello del ventennio; alcune notizie tratte dai giornali, soprattutto “Il Gazzettino”, il quotidiano dal 1887 edito a Venezia, dove si trova la sede del nostro Sindacato)

LE ORIGINI: 1895 – 121 ANNI FA – ATTO DI NASCITA DELL’ASSOCIAZIONE STAMPA VENETA

Quarta dopo Roma (1877); Milano (1890); Palermo (1891). Precedendo Torino (1899); Napoli (1901); Genova (1903); Bologna (1905) e quindi tutte le altre Associazioni regionali. Nel 1908, a Roma, la Federazione della Stampa Italiana (FNSI), con l’unione di tutte le Associazioni regionali di Stampa. Alcuni altri dati: 1892 Partito socialista; 1895 partito repubblicano; 1906 Confederazione generale del lavoro; 1894 primo Congresso nazionale del giornalismo italiano; 1911 prima “Convenzione di prestazione d’opera giornalistica”, in altre parole il primo contratto collettivo di lavoro giornalistico (il secondo nel 1919).

Dopo le prime tre Associazioni giornalistiche a livello territoriale, ecco la “Veneta”. Nel marzo 1895, preparandosi l’Esposizione internazionale d’arte contemporanea (la gloriosa Biennale sarà inaugurata il 30 aprile) il Sindaco poeta Riccardo Selvatico invita i giornalisti delle testate veneziane a costituire un comitato stampa per l’Esposizione. Due giornalisti (Guido Ermanno Usigli della “Gazzetta di Venezia” e Silvio Bonmartini, corrispondente del “Secolo”), sviluppando l’idea, fanno la proposta (subito accolta) di dare vita a un sodalizio dei giornalisti veneti, sull’Esempio di Roma, Milano, Palermo. Preparato lo Statuto, il 22 dicembre assemblea costitutiva dell’Associazione Stampa Veneta. Comitato promotore i due giornalisti citati e Amilcare Barriera del “Rinnovamento”. Per la stesura dello Statuto anche Carlo Combi dell’Adriatico e Giacomo Pastori della “Difesa”. Il primo Consiglio direttivo è composto da questi 5 giornalisti e da Lodovico Sartorelli, Ferdinando Ongania, Carlo Allegri e Mazzolin. (Con carattere provinciale, nel 1899 sorge l’Associazione Stampa padovana; iniziativa di Francesco Sandoni, Direttore della “Provincia di Padova”, primo Presidente).

L’entusiasmo associativo dei giornalisti veneti più volte si è già manifestato. Anche nell’agosto del 1877, partecipando, a titolo privato, alla costituzione dell’Associazione di Roma. Nel 1894 (un anno prima che nasca la “Veneta”) numerosi giornalisti veneti sono a Milano: il primo Congresso nazionale della stampa italiana. Nel 1896, la neonata Associazione veneta fa sentire con forza la sua voce di protesta quando (Governo Crispi) sono espulsi dall’Eritrea i giornalisti Achille Bizzoni del “Secolo” di Milano e Adolfo Rossi del “Corriere della Sera”. “Espulsioni – dice la Veneta – lesive della libera Stampa”. Sempre nel 1896 la Veneta partecipa ufficialmente, a Roma, al 2° Congresso nazionale della stampa italiana, nominando anche sei giornalisti veneti nel comitato organizzatore del terzo Congresso.

All’inizio del 1898 il “duello del secolo”. Anche la Veneta ne è coinvolta: uno dei due protagonisti è il giornalista Ferruccio Macola, Direttore della “Gazzetta di Venezia”. Felice Cavallotti (tanto amato a sinistra quanto odiato a destra; unanimamente riconosciuto “strenuo assertore dei diritti della libertà ”) scende in polemica violentissima con Macola. In un articolo della “Gazzetta” è scritto “Cavallotti approva le decisioni del  Governo sul domicilio coatto e sulla restrizione del diritto di voto”. Furente, Cavallotti: “Sono false insinuazioni… la “Gazzetta” con il suo Direttore, è un foglio redatto da mentitori di mestiere”. Altrettanto violenta la replica di Macola: “Cavallotti, paglietta della democrazia… non siamo avezzi ad incensare ciarlatani”. Dati i tempi, inevitabile il “confronto d’onore”, il duello. Il trentatreesimo di Cavallotti. Gli è fatale. Al terzo assalto, la spada di Macola gli perfora la gola. In tre minuti “il bardo della democrazia”muore. Grande emozione in tutta Italia. Al grido “assassino”, a Venezia si tenta di dare l’assalto alla “Gazzetta”. A Milano, teatri chiusi; nei negozi cartelli “lutto cittadino”. Sbrigativamente (prima pagina, ma titolo a una colonna) la “Gazzetta” riferisce “l’esito fatale del duello tra Cavallotti e Macola”. Il giorno dopo (8 marzo 1898) senza titolo, in cronaca “…un centinaio di persone recatesi a chiassare da San Marco al Municipio e dal Municipio a Campo Sant’Angelo, sede della “Gazzetta”, al grido “Viva Cavallotti. Abbasso Macola”. Il corteo si ingrossò, la debolezza delle guardie municipali permise che i dimostranti si prendessero il passatempo di rompere qualche vetro”. Il giorno seguente (9 marzo) ricordati i funerali a Roma (“imponentissimo corteo”) la “Gazzetta” aggiunge “i giornali seri non hanno una parola contro l’on. Macola. Soltanto i settari a oltranza, uniti a ragazzacci o ai soliti piazzaioli insistono a gridare contro l’assassino”. Viene pubblicato tutto l’articolo dell’”Arena” di Verona; commentandolo: “…assennate parole. Sarebbe curioso che per affermare il dolore per la morte di Cavallotti si aprisse una campagna contro Macola…”

Appena un mese dopo l’Italia è sconvolta. Per la carestia del grano, nell’aprile moti di piazza, sempre più accesi, in  gran parte della penisola. Scontri a Firenze e Napoli. Soprattutto a Milano. Ci sono i primi morti. Sostenendo di trovarsi di fronte ad un moto insurrezionale, il Governo proclama lo stato d’assedio; la più severa censura sulla stampa. Pieni poteri al generale Bava Beccaris che a Milano attua la repressione feroce a colpi di cannone contro le barricate dei dimostranti: centinaia i morti. Numerosi gli arresti di esponenti del giornalismo e del mondo politico. Perquisizioni in molte redazioni. Espulsione dei corrispondenti dei giornali stranieri. Chiuse le “avversarie”sezioni socialiste e repubblicane. In tutta Italia sospese le pubblicazioni di 110 testate “per paura dell’insurrezione”(che non c’era). Subito mobilitate le Associazioni giornalistiche già costituitesi, per la prima grande battaglia in difesa della stampa, a tutela dei tanti arrestati. Il 16 giugno, davanti al tribunale militare di Milano, si apre il “processo dei giornalisti”. Accusa pesante: “organizzato un complotto rivoluzionario che avrebbe preso le mosse dal funerale di Cavallotti”. L’Associazione lombarda dei giornalisti interviene in forze ribadendo che la tutela della professione è “scopo associativo”, denunciando: “i provvedimenti coercitivi assunti in violazione delle leggi sulla stampa”. Il 23 giugno le sentenze. Pur caduta l’accusa di complotto,  condanna per quasi tutti i giornalisti a vari anni di reclusione. La colpa: “aver scritto articoli violenti, esagerando i fatti. Con questa propaganda erano stati causa degli avvenimenti”. Al generale Bava Beccaris, l’autore delle stragi a colpi di cannone, la massima onorificenza italiana, concessa da re Umberto (motu proprio) per “il grande servizio reso alle istituzioni e alla civilità ”. In agosto e settembre, finalmente, abolito in tutta Italia lo stato di assedio. Ripristinata la libertà di stampa. Il 4 giugno del 1899 (festa dello Statuto) con un indulto, torna in libertà la maggior parte dei giornalisti condannati. Per tutti gli altri, amnistia nel 1900.

LA VENETA E LA FNSI

Nel 1908 (15 febbraio) nasce la FNSI, la gloriosa Federazione di tutte le Associazioni territoriali di Stampa. Venti anni dopo (estremi tentativi di difesa) sarà impegnata nella disperata resistenza  alla volontà del fascismo di abolire la libertà di stampa, per inquadrare la professione giornalistica nelle strutture del regime.

Fin dalla nascita l’Associazione Veneta è favorevole alle varie iniziative per “collegarsi in una grande Associazione professionale nazionale; per creare una forma di contratto da imporre ai proprietari che nel giornalismo esercitano la parte industriale”. Lo schema elaborato dalla Romana è approvato all’unanimità dall’Assemblea generale degli iscritti della Veneta: “risponde alle consuetudini italiane e ai principi della nostra legislazione”. Si aprono le porte alla soluzione unitaria. Sempre con l’intervento dei veneti, vari convegni preparatori. A Roma, Milano, Bologna, Torino. A Firenze (1907) si approva la bozza di Statuto della costituenda Federazione  che “avrebbe coordinato l’azione delle varie Associazioni giornalistiche; costituendosi in rappresentanza nazionale della classe, per il raggiungimento dei fini comuni, morali ed economici: per la tutela degli interessi della Stampa”.

A Roma, febbraio 1908, ultimo Congresso delle Associazioni di Stampa. Nasce la Federazione nazionale della Stampa Italiana (FNSI), Presidente Salvatore Barzilai, giornalista e deputato repubblicano. Nel primo Consiglio direttivo anche Gino Damerini della Veneta. I giornalisti rappresentati dalla FNSI sono 1341 (56 dell’Associazione Stampa veneta; 15 del Sodalizio friulano della Stampa).

A Bologna, 1909, primo Congresso nazionale della FNSI “solenne consacrazione della grande alleanza di tutte le Associazioni e di tutti i giornali d’Italia”. L’anno dopo, a Genova, secondo Congresso FNSI. Sempre a Genova, ancora nel 1910, nell’ottobre, si costituisce l’Unione editori dei giornali quotidiani (nel Direttivo Gioacchino Vissà della “Gazzetta di Venezia”; fra i 38 giornali aderenti tre di Venezia “Gazzettino”, “Adriatico”, “La Gazzetta di Venezia”; due di Padova “Il Veneto” e “La Provincia di Padova”; per Vicenza “Il Berico”).

Nel 1911 il primo contratto di lavoro dei giornalisti italiani (nella delegazione FNSI anche Adolfo Fossi Direttore de “L’Arena”di Verona; in quella degli editori Gioachino Vissà della “Gazzetta di Venezia”). Questa “Convenzione di prestazione d’opera giornalistica” non suscita generali consensi (destino di non pochi dei nostri contratti). Messi sotto accusa (fra l’altro) il limitato campo di applicazione; l’esclusione dei corrispondenti e dei giornalisti dei periodici; non affrontato il “caso stenografi”. Per Giovanni Zironda, della “Veneta”, “gli stenografi sono giornalisti professionisti”. Per altri – la maggioranza – la “loro funzione giornalistica è assai limitata”.

LA GUERRA DI LIBIA

1911 (29 settembre) il Governo Giolitti dichiara guerra alla Turchia per conquistare la Libia; la vocazione coloniale italiana per la Cirenaica e Tripolitania. Tripoli subito “invasa” dagli “inviati speciali” (allora chiamati “redattori viaggianti”) dei principali giornali italiani (per la “Gazzetta di Venezia” Gualtiero Castellini). Un esercito di oltre cento giornalisti e fotografi affluiti per “vedere” la conquista della “terra promessa”. In realtà non si vede niente. Tutti sono bloccati a Tripoli. Le notizie giungono esclusivamente dai bollettini ufficiali del Comando  o dai “lanci” dell’Agenzia Stefani che ha il monopolio dell’informazione. La censura è severissima. Sottoposto a duri controlli l’uso del telegrafo. FNSI e Associazioni si mobilitano protestando “per una censura attuata con sistemi non si sa se più feroci o grotteschi”. Naturalmente Governo e militari non cambiano linea di condotta.

Ottobre 1912, si conclude il conflitto italo-turco e si placano le roventi polemiche per la censura. Un mese prima, a Venezia, il quarto Congresso della FNSI, presieduto da Salvatore Barzilai coadiuvato dal Vice Presidente Gino Ravenna della Veneta. Un Congresso (fra i temi discussi: regolamentazione contrattuale del lavoro giornalistico; funzione di cronaca e di critica della stampa nei processi penali) che segna una tappa importante nella storia della Federazione: la categoria intera ormai ne riconosce la piena rappresentatività contrattuale sindacale e professionale. Dando ampio risalto all’avvenimento la “Gazzeta di Venezia”ricorda i delegati veneti: E. De Mori (Gazzetta); Omero Gallo (Adriatico); C. Spellanzon e Silvio Pagni (Gazzettino) oltre ai membri di diritto e ai Componenti del Consiglio veneto Virginio Avi, Antonio Negri, Efiso Norfo, Ernesto Pietriboni, G.E. Usigli, Luigi Valsecchi, Giovanni Zironda, Luigi Mazzarella.

A Napoli (settembre 1913) l’ultimo Congresso della Federazione, prima della grande guerra. Un Congresso dalle roventi accuse al gruppo direttivo della Fnsi di essere romanocentrico, chiedendo maggiore “peso” per le Associazioni regionali. Alla fine, anche per la mediazione della Veneta, le attese “aperture”. I romani – dice il Presidente Barzilai – “non vogliono la prevalenza, sono assai ben disposti a cooperare coi colleghi pel comune interesse”. Si discute anche il problema della diffamazione a mezzo stampa sulla base della relazione presentata dalla Veneta che ripercorre le tappe dell’impegno federale, mirante – invano – alla modifica delle norme penali. Torna a galla pure il tema stenografi. Per qualche congressista “questione di importanza capitale per una numerosa falange di organizzati”. A Venezia si è già costituito un sindacato stenografi.

Nel suo intervento Giovanni Serafin, della “Gazzetta di Venezia”, auspica che “la posizione degli stenografi, per la dignità del loro ufficio, sia pareggiata a quella dei redattori”. Nel nuovo Consiglio generale della FNSI, per la Veneta Virginio Avi.

1914 / 1918

Con l’assassinio di Serajevo (28 giugno 1914) si avvicina la prima grande guerra. La FNSI chiede alla Veneta e a tutte le Associazioni regionali di “sensibilizzare” le Amministrazioni dei giornali per “alleviare il disagio e le preoccupazioni materiali dei giornalisti richiamati alle armi”. Con voto unanime la Veneta approva un documento – inviato agli editori – chiedendo le misure minime da garantire: conservazione del posto di lavoro; mantenimento dello stipendio.

Ai problemi economici, si aggiungono (inevitabili) quelli della censura, sempre più severa con il bavaglio alla stampa. 24 maggio 1915, la guerra contro gli ex alleati Austria e Germania. Prevalenti “patriottiche assemblee” in tutta Italia. Manifestando “piena solidarietà” alla Nazione in guerra, la Veneta si impegna a versare un contributo di 180 lire per ogni giornalista veneto chiamato alle armi (per limitata valutazione, in quell’anno il “Gazzettino” costa 3 centesimi; saranno 5 nel 1916; 10 nel ‘18; 20 nel 1921; 30 nel 1938; per diventare 5 lire nel 1946).

Con la guerra, strangolata la libertà di stampa. Al Comando supremo di Udine la censura militare per controllare tutto. Vane le proteste. Un’affollata assemblea della Veneta documenta anche gli “inconvenienti gravissimi derivanti dalla varietà delle interpretazioni sulle norme della censura nelle varie regioni”, chiedendo “almeno, unità e parità di criteri; indispensabilità assoluta”. La FNSI insiste nelle sue “pesanti segnalazioni”, portando all’attenzione del Governo anche il caso del giornalista Giovanni Chiodin, corrispondente del “Resto del Carlino”, espulso da Venezia, per una notizia su un sottomarino austriaco operante nell’Adriatico. Davanti al Tribunale di Verona processati Direttori e gerenti dei giornali veronesi “Adige”, “L’Arena” e “Verona fedele”, rei di aver pubblicato il resoconto di un sopralluogo giudiziario in una causa di spionaggio “turbando così l’amministrazione della giustizia”.

Al problema censura, si affianca quello dell’accreditamento dei  giornalisti nelle zone di guerra. Dopo tante pressioni della FNSI, il Comando supremo dell’esercito (settembre 1915), in via sperimentale, ammette sul teatro delle operazioni gli “inviati”dei principali giornali (per il Veneto: Ausonio Talamini “Gazzettino”; Pier Liberale Rambaldi “Gazzetta di Venezia”; Gino Piva corrispondente da Venezia de “Il Resto del Carlino”). Concluso questo periodo iniziale, la Federazione rinnova la richiesta. Accolta parzialmente. Soltanto dieci giornalisti, in rappresentanza di trenta testate, cioè con lavoro multiplo. Fra gli accreditati Mario Sobrero per la “Gazzetta di Venezia”, “Gazzetta del popolo”, “l’Ordine”; Gino Piva per l’”Adriatico”, il “Resto del Carlino”, il “Roma”.

Per il biennio 1916/1917 (confermati per il biennio successivo) nel Consiglio generale della FNSI Virginio Avi per la Veneta e Alfredo Melli per l’Associazione padovana.

1917, con il tracollo di Caporetto e con l’arretramento del fronte italiano, sempre più repressiva la censura. Gli “inviati” allontanati. Concentrati a Udine. Poi (con lo spostamento del Comando supremo) a Padova. Per settimane l’informazione quasi azzerata. Paurosamente cresce l’inflazione. FNSI e Associazioni impegnate con gli editori per far fronte ai prezzi alle stelle. Dopo tante pressioni, questa “equa indennità contro il caro-vita” a Venezia è riconosciuta dal “Gazzettino”, dalla “Gazzetta di Venezia”, dall’”Adriatico”; a Padova da “Il Veneto” e dalla “Provincia di Padova”. Poi, finalmente, la luce di Vittorio Veneto il 4 novembre 1918.

I PRIMI “FASCI”

Conclusa la prima Grande Guerra, Federazione e Associazioni ancora impegnate nell’abolizione della censura, non più motivata, però senza vere concessioni. La Veneta è portavoce del malessere dei giornalisti “persistendo un sistema di violazione della libertà di stampa che umilia il Paese di fronte agli stranieri”. Ripreso in pieno il cammino sindacale, nel 1919 (otto anni dopo la prima “Convenzione”) si firma il secondo contratto di lavoro dei giornalisti.

Sempre nel 1919, il fatto nuovo, di cui inizialmente non si avverte il pericolo mortale. Qua e là, nelle varie regioni, anche nel Veneto, si formano organizzazioni “spontanee” di giornalisti “per affermare con maggiore incisività, la rappresentanza sindacale e sostenere le rivendicazioni economiche, in particolare a livello aziendale”. Hanno un nome che non si può dimenticare:  “Fasci”.

La Federazione (nonostante il contratto da poco firmato) si sta battendo per la lotta al caro-vita. La Veneta “accusando il partigiano operare del Governo”, manifesta totale solidarietà all’azione FNSI; formulando l’invito “ad andare avanti, adottando le misure più energiche, più opportune”. (Senza dirlo, espressamente si punta allo sciopero). Mentre per le crescenti difficoltà cessa le pubblicazioni l’”Adige” di Verona, la Federazione (1921/1922), è impegnata sul fronte previdenza per superare le formule territoriali in atto e giungere a soluzioni nazionali, come caldeggiato dalla Veneta. L’idea del futuro INPGI.

 

LO “SPIRITO FASCISTA”

Il “Fascio” , però si sviluppa. Il 23 marzo 1919 Benito Mussolini ne amplia l’orizzonte. Fonda a Milano “Fasci di combattimento”. Lo “spirito fascista” è ben chiaro appena un mese dopo sempre a Milano, in occasione dello sciopero generale. Armati di pistole, pugnali, bastoni gli aderenti ai “Fasci”, il nuovo partito, disperdono il corteo dei manifestanti per motivi sindacali: assaltano (già che ci sono…) la redazione dell’”Avanti” (devastandola); uccidono due militanti socialisti. È il via alla conquista (con ogni mezzo) dei giornali dell’opposizione; delle Associazioni territoriali dei giornalisti; della stessa Federazione nazionale. Nel Veneto, in tutta Italia gli assalti dei Fascisti: a Verona distrutta la tipografia del giornale cattolico “Corriere del mattino”; a Treviso stessa sorte per le redazioni del giornale repubblicano “La Riscossa” e del popolare “Il Piave”; a Venezia sequestrati e bruciati i pacchi del quotidiano “Il Mondo”…. Federazione e Associazioni possono contrapporre a tanta violenza soltanto parole, più o meno belle. Nel Paese – siamo arrivati nel 1922 – aria di guerra civile. Dovunque un crescendo di devastazioni. Anche le bombe, come quella lanciata a Trieste contro la redazione del “Lavoratore”. A Verona, distrutta la tipografia di “Verona del popolo”; in Emilia i fascisti vietano la diffusione dei “giornali nemici”, dall’”Avanti” alla “Voce repubblicana”; più volte invasa e devastata a Napoli la redazione del “Mondo”; vietata a Milano la pubblicazione del “Corriere della sera”; a Torino occupata la redazione di “Ordine nuovo”; a Casale Monferrato incendiati i pacchi della “Stampa”… Assalti, distruzioni, anche morti. Soltanto nel Lazio 14 uccisi in vari scontri.

Alla vigilia della marcia su Roma, a Trieste (settembre 1922) nel corso del suo 7° Congresso nazionale, la FNSI aspramente denuncia la “storia delle tante violenze patite”. La maggior parte dei congressisti approva la linea della Federazione. Non mancano però interventi (come quello di Gino Damerini della Veneta) che “criticano lo sbilanciamento politico della Federazione” (il fascismo tenta di conquistare dall’interno la FNSI).

Mussolini brucia i tempi. Dopo la “Marcia” (il Re non reagisce) il 30 ottobre 1922 insedia il suo Governo. Falsamente cerca di dare segnali di normalizzazione. Fa riprendere le pubblicazioni di alcuni giornali, anche il “Corriere del mattino” di Verona. In realtà si accelera la marcia per fascistizzare ogni opposizione, soprattutto nella stampa. A Bologna, il primo nucleo del Sindacato fascista giornalisti “per dare una fisionomia precisa e una disciplina nazionale al giornalismo che non può avere con la Federazione della Stampa”. Ancora più chiaro Mussolini (luglio 1923): il provvedimento pesantemente lesivo della libertà di opinione, teso ad imbavagliare la stampa e le voci delle opposizioni. Protestano le Associazioni di stampa ma, ormai, il Sindacato, all’interno, è sempre più assediato dal proliferare delle organizzazioni fasciste. Di giorno in giorno sempre più frequenti intimidazioni, violenze, aggressioni. Anche Giovanni Amendola (a lui sarà intestato il futuro INPGI) parlamentare e giornalista, uno dei più autorevoli oppositori del fascismo, è selvaggiamente bastonato a Roma. Nel gennaio del 1924 Mussolini affida alla “decisa sorveglianza” dei Prefetti (naturalmente fascisti) tutte le organizzazioni sindacali. A Roma si istituisce il Sindacato nazionale dei giornalisti e, per l’occasione, c’è un’adunata del giornalismo italiano per “fiancheggiare l’opera di restaurazione nazionale”. Per il fedelissimo “Popolo d’Italia” sono presenti i “quattro quinti dei giornalisti italiani con le adesioni di tutti i Direttori” (si fa anche il nome di Gino Damerini per la “Veneta”).

IL DELITTO MATTEOTTI

Assassinio Matteotti. 10 giugno 1924. Qualche giorno prima il deputato veneto aveva pronunciato in Parlamento la durissima requisitoria contro il Fascismo. Unanime, accesa l’indignazione in campo democratico. Soprattutto nel Veneto. Il 15 giugno, a Venezia, assemblea generale dell’Associazione. Si commemora quello che è già definito il martire; prendendo le distanze (e non era facile, dato il crescente clima di intimidazioni) dalle posizioni assunte da Gino Damerini, giornalista fascista in seno al Consiglio generale della Federazione. Particolarmente colpiti per la violenta scomparsa del loro illustre conterraneo, i giornalisti veneti (40 voti su 46) riaffermano la “doverosa, unanime concordia nella difesa dei principio di dignità e di libertà del giornalismo; scopo fondamentale del sodalizio e norma costante della sua attività sociale”. Mussolini sembra in crisi ma (anche per la sostanziale connivenza della monarchia) ha ancora in mano carte vincenti. L’8 luglio vara altri provvedimenti contro la “stampa nemica” in caso di violazione delle norme emanate, i giornali devono immediatamente essere sequestrati dall’autorità di pubblica sicurezza, senza alcuna speciale autorizzazione. Inutili le voci di protesta. Anche quelle della Veneta, e di Padova. L’Associazione veronese della stampa ribadisce che” il provvedimento governativo contrasta con la lettera e lo spirito dell’editto albertino; il diritto alla libertà di stampa non può essere limitato”. Con dimostrazione di grande coraggio invoca “una energica azione”. Ma il Consiglio generale della Federazione ormai è spaccato in due. Per pochi voti i fascisti ancora non sono in maggioranza ma possono bloccare ogni iniziativa. Nell’ultimo (ottavo) congresso libero della FNSI (Palermo, settembre 1924) si ribadisce che “la maggioranza dei giornalisti italiani è su posizioni democratiche, antifasciste”. Si grida “Viva la Stampa Italiana”. Nel Consiglio Direttivo nazionale anche Silvio Stringari di Venezia.

IL BAVAGLIO DELLA STAMPA

Il fascismo però (ormai inesorabilmente vincente) sta cambiando la storia d’Italia. Rafforza le misure repressive. Si accentuano minacce, attacchi, aggressioni. Alla FNSI, ancora per poco, la possibilità di protestare. Nel Consiglio del 7 dicembre 1924, si bollano i provvedimenti mussoliniani come “tentativi di legalizzare l’arbitrio partigiano”. Anche la Veneta, con forza, si esprime contro le minacce di una legge che “intende sopprimere una delle conquiste più luminose della civiltà ”. Inesorabile il Duce. Il 1° gennaio 1925 inasprisce i decreti sulla stampa. (Per Giovanni Amendola “atto follemente criminoso”). Il 3 gennaio altro giro di vite. Si ordina ai fedelissimi Prefetti “un’azione energica e tempestiva per reprimere e prevenire ogni forma di attività che, nel momento attuale, sia incentivo o pretesto al turbamento dell’ordine”.

Nel vano tentativo di garantire la normalità (febbraio 1925) l’”Appello al Re, per la libertà di stampa” proposto da Alberto Albertini del “Corriere della sera” e firmato dai Direttori dei principali quotidiani (anche Giampietro Talamini per “Il Gazzettino”; Luigi Agostino Mondini per “Il Popolo veneto”; per il “Nuovo Trentino”Alcide De Gasperi). Il fascismo è stanco d’aspettare. Sferra l’ultimo, decisivo assalto per ridurre al silenzio la libera voce della stampa. Con il motto “Il giornalista fascista non è come tutti gli altri; è un apostolo che non conosce dubbi né esitazioni”occupa la sede dell’Associazione romana. Facile partita, anche per il decisivo intervento del Prefetto a favore dei fascisti. Proprio per queste azioni “legali” dei Prefetti (dopo intimidazioni e violenti, sanguinosi assalti) una dopo l’altra tutte le Associazioni di Stampa italiane “sono normalizzate”; vengono fuse con le sezioni regionali del Sindacato fascista. A Venezia, “Il Gazzettino”, fondato e diretto dal proprietario Giampietro Talamini (già al centro delle “particolari attenzioni” dei fascisti per le posizioni assunte all’epoca dell’assassinio di Matteotti) il 31 ottobre del 1926 è assalito dalle squadracce. Completamente devastata la redazione. Spaccate le macchine. Con mezzi di fortuna il giornale esce il 2 novembre. Subito sequestrato. Le pubblicazioni sospese a tempo indeterminato (sempre “vigili” i Prefetti). Dopo 20 giorni può riprendere le pubblicazioni, soltanto avendo nominato condirettore il Segretario federale di Venezia. Ma il fascismo mira alla proprietà del giornale. Nel 1929, l’ultraottantenne Giampietro Talamini deve presentarsi a Roma per la firma ad un contratto già bello preparato: la cessione del suo giornale ai fascisti. Per il deciso intervento del figlio, l’avvocato Ennio, anche nel timore che lo scandalo fosse troppo grosso per lo stesso Mussolini, l’”affare” è rinviato. Pure Gabriele D’Annunzio è intervenuto per difendere la “buona causa”. I fascisti però non dimenticano. Nel 1939 (morto Giampietro) partita vinta con la sentenza del Tribunale di Venezia. Farinacci ha telegrafato al Presidente chiedendo “Giustizia fascista” e il giornale, naturalmente, passa di mano. (Alla sua nascita, 1887, “Il Gazzettino” scrive “benché piccolo, il nostro giornale pubblicherà ogni giorno molte cose”. Si definisce “Giornale della democrazia veneta”; nel 1897 “Giornale democratico”; dal 1906 “Giornale del popolo”; nel 1909 “Giornale del Veneto”. Dal 1927 non ha più scritte qualificanti. Nei giorni nostri “Il quotidiano del Nordest”. (Ancora una parentesi. Nell’annuario della FNSI del 1° ottobre 1925 c’è “il primo elenco dei giornalisti professionisti agli effetti del contratto di lavoro” sono 82 quelli dell’Associazione stampa veneta. Qualche nome, in ordine alfabetico: Berto Barbarani, Carlo Biadene, Enzo Duse, Lionello Fiumi, Paolo Foscari, i fratelli Mario e Vezio Monticelli, Osvaldo Parise, Giorgio Talamini, Luigi Valsecchi, Alberto Zaiotti, Elio Zorzi, Guido Zuffellato).

6 dicembre 1926. Ultimo atto della FNSI. Al Consiglio generale il fatale ordine del giorno dei fascisti, ormai in netta maggioranza: “vista la situazione” l’assoluta incomprensione da parte dell’organo federale dell’ora storica attraversata dall’Italia, con il nuovo clima politico e sindacale, si chiede un completo mutamento delle persone e dei criteri della FNSI, nominando un nuovo Consiglio, perché la vita della Federazione si ispiri agli ideali della rivoluzione fascista, sotto la guida di Benito Mussolini”. Il gioco è fatto. Nel nuovo Consiglio generale, oltre all’immancabile Damerini, per la Veneta Efisio Norfo e per l’Associazione di Padova Attilio Borgatti. Subito un telegramma a Mussolini “La Federazione della Stampa è perfettamente inquadrata nel clima fascista”.

Comunque, per non avere sorprese, il Duce ordina ai Prefetti di “sospendere, fino a nuova disposizione, tutti i giornali di opposizione per motivi di ordine pubblico”. Ogni garanzia liberale è cancellata. Il Paese è in pieno fedele al regime fascista autoritario.

IL BASTONE E LA CAROTA

Conquistata la Federazione, facile il passo seguente: federare tutte le Associazioni regionali di Stampa al Sindacato fascista, dando subito il via alle epurazioni “per indegnità morale e professionale”. La nuova “Veneta”, naturalmente obbediente, sostiene “la necessità di epurare rigorosamente i quadri, per essere all’avanguardia dell’ordine nuovo”. Nel tentativo di ingraziarsi la categoria (la sua solita politica del bastone e della carota) Mussolini concede il riconoscimento giuridico del contratto di lavoro giornalistico e la costituzione (gennaio 1926) dell’INPGI, subito presieduto dal fratello, Arnaldo.

1927/1932: gli anni di Ermanno Amicucci, Segretario generale del Sindacato nazionale fascista dei giornalisti (un ex socialista; in seguito fedelissimo di Mussolini; eletto anche deputato). Dinamica la sua azione. Tutte le Associazioni, assorbite nel Sindacato fascista, perdono ogni traccia della precedente struttura federale; ogni autonomia associativa. L’Associazione veneta e tutte le altre 24 sono sostituite (1927) da undici sindacati regionali; alcuni (come quello di Venezia) con competenze interregionali, tutti ferreamente dipendenti di Amicucci. Entusiasta della sua azione: “l’organizzazione sindacale data dal Regime al giornalismo italiano è da considerarsi la più salda, completa, perfetta fra le organizzazioni esistenti a livello internazionale”.

Nel 1927 si riunisce a Venezia il Direttorio nazionale per esaminare uno schema di regolamento dell’albo professionale giornalistico. L’anno seguente, a Roma, primo congresso nazionale del Sindacato (sono rappresentati 1.664 giornalisti professionisti; 83 praticanti. Nel 1929 i professionisti sono 1.843; i praticanti 97; i pubblicisti 1.700. I dati del 1931: professionisti 1.982; praticanti 97; pubblicisti 2.241; disoccupati censiti 118). Sempre nel 1928, settanta direttori (praticamente tutti i giornali italiani) sono convocati a Roma “per apprendere, direttamente dal capo del Governo, Benito Mussolini, con una lezione di stile, la missione della Stampa nel Regime fascista”.

1929, l’anno della crisi economica mondiale. Per i giornalisti la riduzione (dal 10 al 12 %) degli stipendi. Amicucci: “anche noi dobbiamo fare il nostro dovere, con la coscienza di servire il Regime e di concorrere, con tutte le nostre forze, alla battaglia ingaggiata dal Duce”. Il tema della disoccupazione è al centro del congresso nazionale di Roma del Sindacato (1931). Il Segretario di Venezia denuncia: “parecchi editori veneti utilizzano personale abusivo a discapito dei giornalisti professionisti disoccupati”.

Con l’ascesa di Achille Starace, Segretario del PNF, tramonta la stella di Amicucci. Deve dimettersi (1932). Nello stesso anno, i segretari interprovinciali, ciascuno con due delegati, si riuniscono a Roma (presente anche Galeazzo Ciano; nuovo capo dell’ufficio stampa della Presidenza del Consiglio). Rapida discussione su problemi sindacali. Subito dopo “l’atteso incontro con il Duce. I rappresentanti dei giornalisti italiani – questa la prosa del “Popolo d’Italia”- commossi, sull’attenti, ascoltano il discorso secco e inflessibile del Capo”.

LA LIBERTA’ FASCISTA DELLA STAMPA

Con il 1935, il MINCULPOP (Ministero per la Cultura Popolare), cuore nevralgico del Regime per controllare ed “educare” giornali, radio, cinema. La stampa italiana, ormai, ha un solo colore. Vibra; si agita; palpita; si appassiona soltanto su ordine di Roma. Inesorabili le disposizioni: evidenza per una notizia; ignorarne un’altra. Tagliare il tale particolare; esaltare il talaltro. Pubblicare con commento; senza commento; non pubblicare. Titoli su tante colonne o notizie senza titolo”¦.. Questa la libertà fascista della stampa.

L’avventura di Mussolini in Etiopia segna il brevissimo periodo di un certo consenso alla politica del fascismo. Poi, il Paese torna alla realtà, sempre più dura, per la crescente crisi economica; le sanzioni (“inique” secondo i fascisti); la politica autarchica. Riunito a Roma, il Consiglio nazionale del Sindacato dei giornalisti decide: “le questioni sindacali e materiali passano in seconda linea. Al di sopra di tutto la missione affidata dal Regime: funzione di sentinella; di difesa; di propaganda”. Entrando comunque nei temi sindacali, la Veneta lancia l’allarme per i corrispondenti di provincia “sfruttati dagli editori con i compensi a rigaggio”. Nel 1939 firma del contratto di lavoro giornalistico con “il compiacimento per i risultati conformi ai principi del corporativismo e dello spirito fascista”.

L’altra pagina nerissima del Regime. Le odiose misure antisemite, precedute da una intensa campagna giornalistica, dettata dal Minculpop. Il Sindacato fascista (ovviamente) concorda nella disumana campagna; avviando anche, in tutti i sindacati regionali, il censimento per “estromettere dalla professione ogni giornalista di razza ebraica”.

Dal 10 giugno 1940 il dramma della guerra. Giornali, l’Agenzia Stefani, radio chiamati – il solito Minculpop – alla “mobilitazione civile”. Negli anni di guerra non si parla di attività sindacale. Ci si dedica allo sforzo bellico e al sostegno ai giornalisti richiamati alle armi. A Venezia (1942) il primo e unico congresso dei giornalisti dei Paesi dell’Asse e di quelli “vicini” al fascismo e al nazismo. Si tenta di propagandare un cammino vittorioso del fronte nazifascista “espressione di un mondo nuovo, giovane, rinnovato”. Nonostante l’imperversare della polizia fascista, nel Paese cresce l’opposizione. Le prime “mormorazioni”; poi, sempre più diffuse, sempre più forti (qualche mese dopo la gloriosa resistenza). Il Minculpop accentua minacce e pressioni su Direttori e giornalisti. Quasi alla fine del Regime (28 maggio 1943) ordina la precettazione di Direttori e capiredattori: senza permesso non possono allontanarsi dalla sede dei giornali. Il 10 giugno (vigilia dello sbarco alleato in Sicilia) impone ai direttori di “ispirare i loro giornali all’atmosfera di guerra”.

I GIORNALISTI NELLA RESISTENZA

Le speranze del 25 luglio. Commissario del Sindacato nazionale giornalisti, Mario Vinciguerra, vecchio dirigente della Federazione della Stampa. Anche per Badoglio l’informazione costituisce problema. Eccedendo nei controlli (definiti “necessari”) c’è il timore di essere assimilati all’odioso passato. Naturalmente cambiano i direttori dei giornali. Al “Gazzettino” Giuseppe Ravegnani è destituito. Al suo posto (dal 28 luglio 1943) Enrico Motta, quindi (dal 13 agosto) il nome illustre di Diego Valeri, fino al 12 settembre. Ecco, appunto, l’8 settembre. Per l’Italia la lunga, sanguinosa stagione di profonde lacerazioni: il Regno del Sud, e, al Nord, la Repubblica Sociale di Mussolini. Mentre in tutte le regioni dell’alta Italia si accende la guerra partigiana (eroica quella nel Veneto, con le tremende sanguinose rappresaglie dei nazifascisti) restando nel nostro tema la nuova giostra dei Direttori. Via quelli di Badoglio (molti finiscono in carcere), i nuovi di Mussolini. Al “Gazzettino”, dal 26 settembre, Nino Scorzon. Quindi Guido Baroni (dal 24 ottobre del ‘43 al 27 aprile del 1945, a Venezia la Liberazione il 28 aprile). Nuovo Direttore all’”Arena” Giuseppe Castelletti (arrestato il precedente, Giuseppe Silvestri). La Repubblica di Salò è l’ultimo campo trincerato del fascismo. Sempre più forte nel Veneto la Resistenza in armi. Impegnati tanti giornalisti. Brigate nere e “SS” compiono le ultime stragi.

Finalmente la Liberazione. La fine dell’incubo atroce. Il 28 aprile “Il Gazzettino” titola:

“FRATELLI D’ITALIA”. Poi, in neretto a tutta pagina, il Decreto n. 1 del Comitato di liberazione della Provincia di Venezia, espressione unitaria delle forze che hanno collaborato alla lotta di liberazione nazionale per volontà ed azione del popolo. Le firme: Luigi Pasetti per il Partito d’Azione; Pietro Benedetti per il Partito Comunista; Eugenio Gatto per il Partito Democratico-cristiano; Pio Malgarotto per il Partito Liberale; Sante Lisato per il Partito Socialista italiano di Unità Proletaria.

(Per due giorni, 28 e 29 aprile, “Il Gazzettino” sarà Organo del Comitato veneto di Liberazione. Dal 30 aprile al 3 maggio “Corriere di Venezia”, a cura del PWB, Psychological Warfare Branch. Dal 4 maggio al 17 luglio, “Corriere del Veneto”, sempre a cura del PWB. Armando Gavagnin, in quel periodo, condirettore responsabile. Quindi Guido Polacco, direttore dal 18 luglio 1945 al 16 marzo 1946. Dopo ci sarà Riccardo Forte).

In tutto questo tragico marasma la FNSI è già rinata. A sole 24 ore dalla caduta del fascismo, il 26 luglio 1943, a Roma, un gruppo di 27 giornalisti ricostituisce la gloriosa FEDERAZIONE NAZIONALE DELLA STAMPA ITALIANA, per “riunire in un’unica organizzazione tutti i giornalisti italiani non asserviti al fascismo; promuovere la restaurazione della libertà di stampa; ricostituire le Associazioni regionali; impedire che i giornalisti coinvolti con il fascismo corrotto e corruttore cerchino di sopravvivere comunque nei ranghi dell’autentico e onorato giornalismo italiano”. (Nel 1944 torna Segretario generale della risorta Federazione il trevigiano Giovanni Biadene, giornalista dell’Associazione stampa di Padova).

GIORNALISMO LIBERO / DEMOCRATICO

Ricostituita a Roma, fin dal 1943, la Federazione, con la Liberazione tornano anche nel Nord le Associazioni territoriali. Dopo il 28 aprile 1945, riprende il cammino la “Veneta”, ancora con dimensione interregionale: “Sindacato giornalisti delle Tre Venezie”. Nel marzo del 1947 Segretario Gastone Hartsarich; subito dopo Danilo Gavagnin. Nuova vita anche per l’Associazione stampa di Padova: nel 1947 Presidente Alfredo Melli; nel 1952 Celino Bertinelli.

Lavoro iniziale con l’entusiasmo dei pionieri. Lavoro lungo e non facile per contribuire alla rinascita del Paese “per dare vita e voce al nostro giornalismo, tornato libero e democratico”. Faticosamente – è giusto ricordarlo – il nostro Organismo sindacale riprende la sua attività. I contatti con le altre due regioni (Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige) per le decisioni comuni. C’è tutto da ricostruire. Riallacciare i legami con i giornalisti nel territorio. Lavoro paziente e tenace. Il generoso impegno dei primi sindacalisti. Hanno ben chiaro l’esigenza del momento: “l’indispensabilità di una Associazione democratica, forte, determinata, unitaria”.

I problemi crescono, di giorno in giorno. Tutti affrontati con serenità; vero entusiasmo; serietà. Con i ricordi (la documentazione di quel periodo convulso della ripresa praticamente non esiste) ecco la volontà del Segretario Danilo Gavagnin; la costanza di Gastone Harstarich; la preparazione di Antonio Levorato; la generosità di Aurelio Piva”¦. La partecipazione delle delegazioni venete ai Congressi FNSI: Palermo (1946); Sanremo (1947); Riccione (1949); Merano (1952); Palermo (1954); Trieste (1956); Milano (1958); Rapallo (1961); Sorrento (1962); Cagliari (1964). In quel periodo esaltante della ripresa, tanti, tantissimi i giornalisti da ricordare. Non è possibile. Ecco, comunque, (senza rispettare la cronologia) alcuni altri nomi: Bertinelli, Bologna, Bacciga, Quadrelli, Fiorentino, Ferriani, Avesani, Faccincani, Lionello, Piccoli, De Polo Bo (1965) Presidente della Consulta sindacale.

Nel 1966 (ricorrendo il centenario dell’unione del Veneto all’Italia) a Venezia il congresso (il decimo) della Federazione nazionale della Stampa. Presidente Mario Missiroli, Segretario Adriano Falvo. Grande impegno del Segretario regionale Lauro Bergamo e di tutto il Direttivo veneto. Cinque giornate intense; presenti 221 delegati delle 12 Associazioni interprovinciali (ancora non è stata varata la territorialità regionale). “Il Gazzettino” dà  ampio risalto alla manifestazione: solenne inaugurazione in Palazzo Ducale; lavori al teatro “La Perla” del Lido. Messaggi augurali del Papa e del Presidente della Repubblica, Giuseppe Saragat. Interventi dei maggiori esponenti politici del momento, da Moro a Fanfani. Parla anche il veronese On. Guido Gonella, Presidente dell’Ordine dei Giornalisti. E’ la prima volta che l’Ordine partecipa a un congresso della FNSI. Lavori intensi, si è detto. La tornata conclusiva dura tutta la notte: seduta fiume, fino alle 7,45 del mattino. Missiroli confermato Presidente, Segretario Adriano Falvo. Per quanto riguarda i veneti: Lauro Bergamo nella GEF e nel Consiglio nazionale assieme ai professionisti Antonio Levorato, Aurelio Piva, e ai pubblicisti Domenico Orati e Bruno de Cesco. Per l’”ottima organizzazione”, speciale targa al “Sindacato giornalisti delle Tre Venezie”; medaglia d’oro per Bergamo. Nel marzo del 1970, nominato Direttore de “Il Gazzettino”, Bergamo lascia la segreteria sindacale. Subentra un Comitato di reggenza composto da Celino Bertinelli, Mario Lionello, Bruno De Cesco per arrivare all’Assemblea del 1971 che eleggerà Segretario Gabriele Cescutti.

TEMPI MODERNI

Con GABRIELE CESCUTTI  (de “Il Gazzettino”) si avvia la fase moderna del nostro Sindacato. Dopo un’intensa attività nel Sindacato di base (CdR), il 30 giugno del 1971 eletto Segretario dei giornalisti delle Venezie (include ancora il Trentino-Alto Adige; il Friuli-Venezia Giulia ha già  costituito il Sindacato territoriale). Questo il Direttivo che avvia i “tempi moderni”del nostro sindacato: Giunta esecutiva: Gabriele Cescutti (Segretario); Pier Giorgio Agostini (Vice Segretario professionista); Andrea Tornaboni (Vice Segretario pubblicista)); Giordano Anselmi (tesoriere); Luciani Falsiroli (membro aggiunto). Consiglieri professionisti: Alfonso Comaschi, Aurelio Piva, Fabrizio Scaglia, Celino Bertinelli, Mario Lionello, Pietro Piccoli, Dino Quadrelli, Sergio Sommacal, Giancarlo Vincenti, Giorgio Varesco. Consiglieri pubblicisti: Vittorio Cavini, Bruno De Cesco, Pier Giuseppe Marcolini, Franco Pozzan. Dal 1972 (il Trentino-Alto Adige ha formato il suo Sindacato) il nostro, attuale, SINDACATO GIORNALISTI DEL VENETO.

“Lavorerò per il Sindacato” dice Cescutti appena eletto. Manterrà  la promessa e la mantiene da ben 40 anni: dal 1971 al 1996 (25 anni) Segretario regionale; dal 1992 al 1996 (5 anni) Vice Segretario nazionale della Fnsi; dal 1996 al 2008 (12 anni) Presidente dell’INPGI; attualmente (2010) componente del Consiglio di amministrazione della CASAGIT.

Impegno costante e generoso questo di Gabriele Cescutti. Sempre mirato, a Venezia come a Roma (alcuni dei tanti obiettivi) a dare risposte forti al gravissimo problema della disoccupazione e dell’occupazione giovanile; per aiutare i colleghi rimasti senza lavoro; intervenendo anche a sostegno di quanti aspirano alla professione, spesso in condizioni di pesante sfruttamento. Così, l’appello di Cescutti alla solidarietÀ  da parte dei colleghi che conoscendo bene il lavoro dei precari sono determinanti per dare sicurezza ai più deboli; facendo crescere, con un’azione comune questa impegno; raccogliendo la piena disponibilitÀ  di quei CdR che intendono loro dovere impegnarsi non solo per la tutela dei garantiti ma anche per dare sicurezza a quanti aspirano a diventare tali.

Sempre decisa l’azione del Sindacato (mobilitato anche, con successo, l’Ufficio legale) per i tanti casi di violazioni contrattuali. Come esempio, l’impegno per la vertenza di “Antenna 3”. Quattro anni di volontÀ  e lavoro di tutte le strutture sindacali. Quattro vittorie nelle aule giudiziarie (Pretura e Tribunale). Alla fine, l’accordo con la “Editing Studio”(cioè Antenna 3), oltre alla positiva soluzione locale, apre la strada alla fase decisiva della contrattazione nazionale sull’emittenza radio-televisiva.

In sintesi gli sforzi di Cescutti: rafforzare il sindacato unico e unitario per l’indipendenza dei giornalisti, con la qualitÀ  del lavoro, la libertÀ  di stampa, il rispetto delle regole.

2 febbraio 1996, ultima elezione regionale: Cescutti Segretario, Vice Segretari Alberto Vitucci (professionista) e Paola Masera (pubblicista); tesoriere Ermanno Ferriani. A fine anno l’elezione a Presidente dell’INPGI.

A Mestre (gennaio 1997) eletto Segretario dei giornalisti del Veneto ENRICO FERRI  (de “Il Mattino di Padova”). Vice Segretari Andrea Camporese e Giuseppe Muraro; tesoriere Massimo Manduzio. Ferri per sette anni alla guida del Sindacato veneto. “Anni – ha detto – vissuti pericolosamente per le tante nubi che si stanno addensando sul mondo giornalistico”. Con determinazione, il Veneto affronta il problema della disoccupazione; dell’estensione della rappresentanza sindacale alle nuove figure professionali. Puntuale e precisa la vigilanza per i tanti casi di comportamenti antisindacali, dal Gazzettino ad altri giornali, alla Rai. Vertenze con numerose Aziende (come la Finegil) per il riconoscimento del lavoro giornalistico e per la difesa dell’occupazione, specialmente nelle radio e nelle TV private. La giÀ  ricordata vittoria per “Antenna 3”, vede il Sindacato giornalisti del Veneto precursore dei contratti differenziati.

Nel dicembre del 1998, all’unanimitÀ , l’Assemblea approva il nuovo Statuto regionale del Sindacato giornalisti. Non pochi gli elementi innovativi: anche l’elezione diretta del Segretario, con votazione congiunta dei professionali e dei collaboratori; queste, appunto, le due nuove figure dell’attivitÀ  giornalistica, superando i precedenti schemi formali (professionista e pubblicista): giornalista professionale è chi vive con questa professione.

LO “SPIRITO DI SERVIZIO”

Difendendo lo specifico del lavoro giornalistico, l’autonomia a tutti i livelli; accrescendo lo “spirito di servizio”, nel Veneto si amplia il settore delle consulenze. All’avanguardia in Italia con lo “Sportello freelance”(curato da Monica Andolfatto) per aiutare collaboratori, parasubordinati, libero professionisti, disoccupati: pochi per scelta, quasi tutti per necessitÀ . Uno dei settori più consistenti e al tempo stesso più deboli della categoria giornalistica.

Nell’Assemblea regionale di Padova (marzo 2001) per l’ultimo biennio rieletto Segretario Enrico Ferri. Tre i Vice Segretari: Andrea Camporese (vicario), Elisio Trevisan, Paola Masera; tesoriere Monica Andolfatto.

Scaduto (a termine di Statuto) il mandato di Ferri, Assemblea generale a Padova (novembre 2003). Nuovo Segretario del Veneto ANDREA CAMPORESE (della RAI). Ben chiaro il suo impegno: “un sindacato forte è un sindacato che condivide le scelte, intercetta le problematiche di tutti i giornalisti; dà voce ai colleghi dentro e fuori le redazioni, rispondendo ai problemi e ai bisogni”. Ecco così, fra l’altro, l’impulso alla Consulta regionale dei CdR, nervatura del sindacato; “i Comitati di Redazione vanno ascoltati, aiutati, difesi e così, insieme a loro, si rivitalizza l’attività delle Associazioni provinciali”. I “meriti”del Veneto con le parole di Camporese: grazie all’azione del Sindacato, per primo il Veneto ha avviato i contratti differenziati nel mondo radiotelevisivo locale, premessa per l’accordo nazionale della Federazione; per primo il Veneto ha messo sul tavolo il tema del sindacato di servizio, anche con i già ricordati Sportelli freelance: si avvicinano così i colleghi più deboli al sindacato, affrontando i loro problemi, facendoli sentire, finalmente, dentro la reale strategia sindacale. L’ufficio legale del Sindacato ha ottenuto successi, alle volte quasi insperati: il Veneto è l’unico sindacato regionale della FNSI che copre le intere spese legali di primo grado nella difesa dei giornalisti sfruttati.

Alla fine del 2005, Camporese deve lasciare il Sindacato veneto: diventa Vice Presidente della CASAGIT (poi, dal 2008, Presidente dell’INPGI). Parte Camporese e c’è il cambio in corsa del Segretario dei giornalisti del Veneto. A Venezia (il 5 dicembre 2005) all’unanimità, il Direttivo, a norma di statuto regionale, elegge Segretario vicario DANIELE CARLON (de “Il Mattino di Padova”): assume la rappresentanza legale dell’Associazione fino alla scadenza naturale del mandato. Confermati i Vice Segretari Elisio Trevisan e Paola Masera. Poi le Assemblee regionali con le elezioni/conferme per Carlon, Segretario veneto.

Periodo duro questo di Carlon. La crisi italiana e quella del settore dell’editoria investono pesantemente anche il Veneto: dai giornali storici, come il Gazzettino, a quelli che non avevano problemi di bilancio e di tiratura come l’Arena di Verona e il Giornale di Vicenza; dai periodici di piccole dimensioni (come “Appunti”di Rovigo) all’emittenza locale dove stanno saltando, a catena, i contratti a termine.

Enrico Ferri (diventato Vice Segretario nazionale della FNSI) ha fatto l’impietosa cronaca di questi “stati di crisi”: 2009, anno durissimo, con il generalizzato ricorso alle leggi con gli ammortizzatori. Per quanto riguarda il Veneto, il Sindacato è riuscito a ridurre il numero dei prepensionamenti chiesti dagli editori. A questo proposito, Carlon ricorda l’azione del Sindacato veneto: impegnare le Aziende su progetti di sviluppo e di rilancio del settore che sappiano, possano guardare oltre l’immediatezza del taglio dei costi. Come “attività normale”, il Sindacato veneto sempre mobilitato nel fornire servizi ai giornalisti che svolgono attività autonoma (accanto allo “Sportello dei freelance”, il “Re:Fusi”, il coordinamento veneto dei giornalisti con lavoro autonomo); nella tutela degli stessi precari, con l’assistenza legale gratuita in primo grado. Ancora l’azione a favore dei Comitati di Redazione: “hanno fatto la storia del Sindacato; sono la prima linea contro il fuoco degli editori; hanno anche l’onere di rappresentare i collaboratori, nonostante gli editori non lo vogliano riconoscere”.

Con questo bagaglio di iniziative/attività il 31 gennaio 2010 Carlon è rieletto Segretario dei giornalisti del Veneto. La sua squadra: Monica Andolfatto (Vice Segretario vicario); Paola Masera Vice Segretario (collaboratori); Paolo Dal Ben tesoriere; Antonella Benanzato e Paolo Francesconi.

Concluso l’ultimo, intenso, triennio della Segreteria di Daniele Carlon (non rieleggibile secondo le norme statutarie) a Padova (3 febbraio 2013) i giornalisti del Veneto, riuniti in Assemblea, hanno eletto Segretario il giornalista MASSIMO ZENNARO (della RAI) e il Consiglio direttivo del Sindacato veneto dei giornalisti. Professionali: Daniele carlon, Paolo Francesconi, Stefano Edel, Antonella Benanzato, Enrico Ferri, Nicola Chiarini, Massimiliano Cortivo, Massimo Lenza, Maurizio Paglialunga. Collaboratori: Denise Battistin, Lorenzo Serpelloni, Alessandro Foroni, Giulio Todescan. Nella prima riunione il Consiglio direttivo ha eletto la Giunta della Segreteria del Sindacato giornalisti del Veneto: Antonella Benanzato (Vice Segretaria professionale), Denise Battistin (Vice Segretaria collaboratore), Paolo Dal Ben (Tesoriere) Nicola Chiarini e Paolo Francesconi.

Anni particolarmente pesanti anche questi della Segreteria Zennaro. Sempre chiara e decisa la linea d’azione del Sindacato, sempre d’intesa con l’ufficio legale. “..Senza difese corporative, senza inutili e dannose accelerazioni demagogiche, siamo al servizio dei cittadini contro i poteri forti, politici o economici che siano. La professione sta cambiando. Sempre più è innervata da giovani che portano nuove sensibilità, nuove idee. È tempo di rimetterci a pensare, a elaborare strategie complessive” si deve pensare al giornalismo del futuro, quello che deve essere in grado di raccontare al meglio il mondo che sta nascendo dopo che questa crisi finalmente sia finita”.

Il Sindacato veneto affronta così anche il grave problema del cambiamento della composizione del mondo giornalistico: soltanto il 40% di lavoro dipendente; il 60% dei giornalisti sono lavoratori autonomi o parasubordinati. Si cerca quindi di dare adeguate risposte anche a queste pesanti esigenze. Oltre allo storico sportello “Freelance”, da anni molto attivo, si è attivata una convenzione con un commercialista per il servizio fiscale, a costi molto bassi, considerati i redditi minimi. È stata anche fondata “EuroGiornalisti S.r.l.” con l’intento di fornire opportunità di lavoro ai colleghi attraverso i progetti dell’Unione Europea e con corsi di formazione. E’ il passaggio da un Sindacato dei garantiti ad uno che vuole affrontare i problemi di tutti i giornalisti.

Ma dura soltanto tre anni il mandato di Massimo Zennaro. Eletto componente del Consiglio d’Amministrazione dell’INPGI, per incompatibilità degli incarichi, deve lasciare il suo ruolo. Come già avvenuto (dicembre 2005, Camporese/Carlon) per non rallentare la forte azione sindacale in corso, a norma di Statuto regionale, c’è il cambio del Segretario dei giornalisti del Veneto con la composizione della Giunta. Convocato a Venezia (14 aprile 2016) il Direttivo (presente anche la Consulta dei Comitati e Fiduciari di redazione del Veneto) nomina MONICA ANDOLFATTO (de “Il Gazzettino”, professionale) Vice Segretaria Vicaria facente funzione, con la rappresentanza legale del Sindacato fino alla scadenza naturale del mandato (2017). Questa la nuova Giunta: Vice Segretario collaboratori, Denise Battisti,; tesoriere Paolo Dal Ben; componenti Massimo Zennaro (con delega per le vertenze sindacali) e Nicola Chiarini (lavoro autonomo).

Con il fermo impegno del neoSegretario Andolfatto di proseguire nella linea d’azione sindacale così ben avviata, si conclude questa sommaria (incompleta) visione a volo d’uccello dei 121 anni del Sindacato giornalisti del Veneto

Numerose le Fonti: dagli Atti dei vari Congressi ai Bollettini della FNSI; dai libri ai quotidiani. Anche i ricordi di tanti giornalisti in età, che hanno voluto riaprire i famosi cassetti della memoria. Il primo periodo di questo cammino (soprattutto il periodo storico del ventennio fascista) è visto più intensamente. Indispensabile (oltremodo doverosa la citazione) “UN SECOLO DI GIORNALISMO ITALIANO: 1877/1943”il libro di Giancarlo Tartaglia, Direttore generale della FNSI, anche storico di valore: veramente ricca, preziosa miniera di notizie.

LE SEDI

Per finire, ricordiamo anche le nostre ultime sedi: quella antica, all’Ateneo Veneto, San Fantin (San Marco); dalla fine degli anni ‘60, in “Campielo de la chiesa”, zona San Luca; successivamente nell’edificio in Calle delle Bande (Santa Maria Formosa). Infine, dal 1991, nel piano nobile di Palazzo Turlona, in Calle Pezzana (San Polo). È una proprietà dell’INPGI, adeguatamente restaurata; restituita all’antico splendore. Come ha documentato Michelangelo Bellinetti, in un articolo per l’Ordine, il palazzo ha una storia che lo lega alla stampa. L’edificio di fronte, al di là del rio, casa e bottega dei famosi stampatori Manuzio. Calle Pezzana porta il nome di una famiglia di grandi tipografi: casa e tipografia proprio nel palazzo dove ora c’è la sede dei giornalisti. Ancora in Calle Bernardo, a lato di quella Pezzana, sul finire del Settecento di aprivano gli uffici della gloriosa “Gazzetta veneta” di Gaspare Gozzi. Il palazzo a tetto piatto che dà sul campo San Polo (angolo Calle Pezzana) per anni ha ospitato la sede del “Gazzettino illustrato”, il popolare periodico della famiglia Talamini, la quale, per un certo tempo, abita nel palazzo a fianco (progettato dal Sanmicheli) oggi sede del comando della Guardia di Finanza”¦.. Cosa vogliamo di più? Giustamente a Palazzo Turlona (con l’Ordine) la sede del Sindacato giornalisti del Veneto.

In un certo senso (almeno per chi è in età) filo conduttore dei ricordi la scultura di Guglielmo Tell con il figlio che da sempre vediamo nello studio dei Segretari regionali. Il leggendario eroe dell’indipendenza elvetica (XIV secolo) è “il ricordo – in occasione di un Congresso – dei giornalisti svizzeri ai confratelli veneziani”. Significativa la data: 27/29 maggio del 1907: ancora una volta documentata la secolare attività della “Veneta”.

Giancarlo Bo

(Aggiornamento aprile 2016)