Se a finire alla sbarra nel processo contro la mafia a Eraclea nell’arringa della difesa sono i giornali e i giornalisti per aver fatto il loro dovere: informare su un fenomeno che indagini e sentenze hanno dimostrato purtroppo radicato nel territorio e infiltrato nel tessuto sociale. Inaccettabile.
Riceviamo e pubblichiamo il comunicato del cdr de Il Gazzettino che il Sindacato giornalisti Veneto condivide.
«Respingiamo al mittente le ignobili accuse al nostro giornale e al collega Maurizio Dianese, che secondo il difensore del presunto boss dei Casalesi di Eraclea Luciano Donadio (per il quale è stata chiesta una condanna a trent’anni) avrebbero condizionato l’opinione pubblica con una tesi predefinita. Nella sua arringa, l’avvocato Renato Alberini, ha puntato la sua strategia difensiva sull’attacco alla stampa, e in particolare al Gazzettino e al collega Dianese (che per primo ha scritto di infiltrazioni mafiose nel nostro territorio) quasi come se a un processo del genere si fosse arrivati solo perché lo abbiamo scritto noi. Si tratta di affermazioni inaccettabili e irricevibili, che non possono passare inosservate. E infatti non lo sono state, viste le attestazioni di solidarietà ricevute da Dianese e anche dall’ex prefetto Vittorio Zappalorto, quest’ultimo definito “paladino dell’antimafia” come se combattere la mafia fosse un valore negativo.
Per l’avvocato «Si è messo in moto un circolo vizioso: la mafia ad Eraclea c’è perché lo dice il giornalista», con il risultato di «una stampa che condiziona l’opinione pubblica».
Non possono essere messe in discussione la correttezza del collega Dianese e l’attenzione riservata dal Gazzettino nei confronti di un fenomeno (l’infiltrazione mafiosa, fatto inaudito per il Nordest) per il quale l’attenzione mediatica non sarà mai troppo poca. A tutti i “paladini dell’antimafia” chiamati in causa va tutto il nostro sostegno e la nostra solidarietà».
Il Comitato di redazione de Il Gazzettino