«Gli omicidi di Graziella Fava e Willy Branchi, due casi di omertà dai quali si comprende il lavoro di chi fa informazione ovvero svelare le verità nascoste, quelle che danno fastidio. Ma chi fa informazione oggi è sotto attacco, i giornalisti sotto scorta ne sono testimonianza, rappresentano una ferita al cuore del nostro mestiere». Così Alessandra Costante, segretaria della Fnsi, partecipando all’evento promosso a Bologna dall’Associazione stampa Emilia Romagna nel 46° anniversario dell’omicidio di Graziella Fava, morta a seguito di un attentato proprio contro la sede dell’Aser.
Evento moderato dal segretario aggiunto della Fnsi, Matteo Naccari, che ha rimesso al centro il tema della libertà dell’informazione «con la stampa assediata da leggi bavaglio e precariato utilizzato come metodo sistematico per condizionare il lavoro dei giornalisti» ha ribadito il presidente dell’Aser Paolo Maria Amadasi.
Non ultimo il caso Paragon con i giornalisti spiati. Da qui l’esposto di Fnsi e Ordine e la conseguente apertura di un’inchiesta «per sapere quanti sono i giornalisti “sorvegliati” sperando che un giudice ci dica che il nostro livello di democrazia è ancora solido» ha concluso Costante.
«Libertà di stampa tra inchieste e casi irrisolti” era il titolo dell’iniziativa a cui ha partecipato anche il Sindacato giornalisti Veneto, con il componente di giunta regionale, Giuliano Doro.
In apertura Amadasi ha dato lettura dell’appello lanciato al presidente della Regione Emilia Romagna, Michele de Pascale, chiedendo il sostegno a una legge di rilancio per l’editoria partendo da un intervento immediato e concreto in relazione alla crisi dell’agenzia Dire.
Quindi gli interventi di Claudio Santini e Serena Bersani che hanno seguito l’omicidio Fava fin dalle prime battute sino all’ «omertà terribile e inquietante» che lasciato gli assassini di Graziella ancora senza un nome.
Infine il cronista Nicola Bianchi ha ripercorso la vicenda di Willy Branchi, il 18enne finito in una rete di pedofili e brutalmente assassinato la notte tra il 29 e il 30 settembre 1988 a Goro. Bianchi ha avuto il merito di far riaprire le indagini nel 2019 grazie al suo prezioso lavoro d’inchiesta.