Libertà di stampa bene comune, Trento dà voce ai giornalisti arrestati e minacciati

In Eventi, Sindacale by SGV Redazione

Trento capitale europea della libertà di stampa e città dell’inclusione, alla vigilia del World Press Freedom Day, che si celebra il 3 maggio. Da Palazzo Geremia, sede del Comune, si è lanciato uno sguardo sul mondo, ma per guardare con occhi più consapevoli anche quello che avviene in casa nostra. Come ha tenuto a sottolineare il sindaco Franco Ianeselli che per il secondo anno ha ospitato la manifestazione organizzata da Federazione nazionale della stampa, Sindacati giornalisti del Trentino Alto Adige e del Veneto e presidio locale di Articolo 21.

Prima il  flash mob davanti all’ingresso dell’edificio, sotto la finestra da cui sventolava la bandiera storica della Bielorussia a ricordare i 12 giornalisti arrestati e tutt’ora in prigione per aver documentato il dissenso e le proteste popolari contro il presidente Alexander Lukashenko. A dare voce ai connazionali detenuti e vittime della repressione è stata Ekaterina Ziuziuk presidente dell’Associazione bielorussi in Italia “Supolka” residente da anni a Trento, dove ha studiato e si è laureata. Il presidente della Fnsi, Giuseppe Giulietti, ha ribadito che manifestare per la libertà di stampa non è una rivendicazione di casta: «Siamo qui in nome dell’articolo 21 della Costituzione che garantisce la libertà di espressione e quindi informare ma che anche fissa il diritto dei cittadini a essere informati. Siamo qui per ricordare, perché la memoria non è un esercizio retorico, ma è testimonianza, monito civile. Pure nella nostra Italia dove il 25 Aprile puntualmente subisce attacchi revisionisti e negazionisti».

Là dove viene impedito ai giornalisti di fare il loro mestiere, ha proseguito Giulietti, la democrazia è sotto scacco: dalla Bielorussia appunto, alla Turchia, all’Egitto, al Messico, alla Siria. Ma non c’è solo la violenza a mettere a rischio la libertà di stampa: un giornalista precario, sotto pagato non può essere libero, un giornalista destinatario di querele temerarie milionarie non può essere libero, un giornalista oggetto di attacchi dagli odiatori in Rete non può essere libero: «Nei social, nel web, le leggi sono sospese, non valgono più, i principi costituzionali sono sospesi?» si è chiesto e ha chiesto Giulietti. «Basta. La solidarietà della politica non ci basta più. Servono fatti, atti legislativi di sistema»: contro il carcere e le querele bavaglio, per l’equo compenso, per mettere in sicurezza l’istituto di previdenza, quale presidio di indipendenza e di autonomia, per continuare a tutelare il pluralismo dei mezzi di informazione, per rilanciare l’occupazione.

A gestire poi il dibattito in sala Falconetto è stato il segretario del Sindacato giornalisti Taa, Rocco Cerone, vera anima dell’iniziativa. Al microfono si sono succeduti, fra gli altri, la segretaria Sgv Monica Andolfatto (presente con Nicola Chiarini, portavoce di Articolo 21 Veneto) , il presidente regionale dell’Ordine dei giornalisti Mauro Keller, il portavoce di Articolo 21 Taa, Roberto Rinaldi, il componente di giunta Fnsi, nonché vice segretario del sindacato regionale Lorenzo Basso. Interventi che hanno descritto la realtà di un giornalismo sotto attacco da più fronti – ricatto occupazionale, autocensura, omologazione, fake news, disintermediazione, delegittimazione – e che fatica a mantenere e interpretare il ruolo di controllo e verifica del potere e dei poteri a difesa della democrazia e della crescita civile. Un giornalismo, professionale e autorevole, di qualità, che si deve essere in grado di fare sentire e vivere come patrimonio di tutti, bene comune da tutelare e valorizzare. Sottoscrivendo il patto nazionale per l’articolo 21, lanciato il giorno precedente dalla Fnsi durante il 1. Maggio dei giornalisti celebrato con un webinar condotto dal segretario generale Raffaele Lorusso e concluso dalla presidente dell’Inpgi, Marina Macelloni.

A dare voce ai cronisti incarcerati o addirittura uccisi per impedire loro di informare su corruzione, atrocità, violazione dei diritti umani, sono stati alcuni colleghi, testimoni diretti: Claudio Locatelli, freelance padovano, arrestato a Minsk lo scorso 9 agosto e rilasciato dopo 60 ore di detenzione che lo hanno segnato nel profondo, e Asmae Dachan, italo-siriana, instancabile testimone della sistematica cancellazione in Siria di qualsiasi diritto civile e umano, con giornalisti torturati e uccisi e dove chi non è funzionale al regime sparisce come è successo al gesuita padre Paolo Dall’Oglio.

Mentre Ubaldo Cordellini, membro del cdr del quotidiano “Trentino” ha raccontato lo choc della chiusura del proprio giornale, comunicata per mail,  che ha lasciato senza lavoro 19 redattori e altrettanti collaboratori, e privato il territorio di una risorsa informativa preziosa, il tutto in un’ottica meramente contabile dell’editore monopolista.

In platea, anche la famiglia di Antonio Megalizzi e la presidente dell’omonima Fondazione con la quale il dolore inconsolabile della morte violenta del giornalista 29enne trentino – avvenuta a Strasburgo nel 2018 a seguito dell’attentato terroristico al mercatino di Natale – si è trasformato in impegno per diffondere la conoscenza e i valori dell’Europa.

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