La segretaria generale della Fnsi, Alessandra Costante, è tornata in Veneto per incontrare i colleghi del Giornale di Vicenza e de L’Arena di Verona in due distinte assemblee molto partecipate, dove ha illustrato lo stato dell’arte della trattativa per il rinnovo del contratto nazionale dei giornalisti e la difficile situazione economica e professionale della categoria. «Sono quasi dieci anni che il contratto non si rinnova e che il nostro stipendio non cresce — ha ricordato Costante —. Secondo i dati certificati Istat, abbiamo perso il 19,3% del potere d’acquisto».
L’ultimo ritocco ai minimi contrattuali risale al 2012, mentre nel 2016 ci fu solo un piccolo incremento legato all’EDR (Elemento distinto della retribuzione): 120 euro in busta paga che non si rivalutano e non incidono sulle parti mobili dello stipendio. Un sistema che, di fatto, ha congelato le retribuzioni mentre l’inflazione e il costo della vita correvano. «Siamo stati seduti al tavolo con gli editori per quindici mesi chiedendo un aumento dei minimi di 400 euro e soprattutto un contratto nuovo, che tenga conto dei cambiamenti avvenuti in questi anni — ha spiegato Costante —. Il nostro contratto nasce sul modello dei grandi giornali degli anni ’90: tante copie e tanta carta. Ma il web ha stravolto tutto e gli editori, anziché innovare, hanno regalato contenuti e perso la sfida digitale».
La Fnsi chiede un contratto al passo coi tempi, capace di tutelare anche i collaboratori e i lavoratori digitali. Tra le tante cose da ripensare ci sono gli articoli 2 e 12, per riconoscere i collaboratori come redattori a tutti gli effetti garantendo loro tutele concrete. Servono modifiche anche all’articolo 42 sulle tecnologie e all’articolo 1 per includere le figure digitali, perché oggi i siti web di molti giornali non sono neppure gestiti da giornalisti. Un capitolo importante riguarda l’uso dell’intelligenza artificiale.
«È una tecnologia destinata a cambiare tante cose e può diventare uno strumento pericoloso — ha ammonito Costante —. Non possiamo normarla rigidamente, perché evolve di continuo, ma serve un patto chiaro con gli editori. L’IA non deve sostituire il lavoro dei giornalisti». Altro nodo legato al web è quello dell’equo compenso digitale. «Quando gli editori cedono i nostri contenuti ai motori di ricerca o alle IA per addestrarle, stanno monetizzando un lavoro che è nostro. Per legge dovremmo ricevere dal 3 al 5% dei proventi, ma questo principio non è mai stato richiamato nel contratto».
A fronte di queste sfide, l’unica proposta degli editori è stata quella di lievi aumenti per gli attuali assunti e tagli fino al 20% sui nuovi ingressi. «Una strategia miope — ha commentato Costante —: tagliare i salari dei giovani significa, alla lunga, abbassare anche quelli dei vecchi e condannare le redazioni a non attrarre più le menti migliori». Su queste basi, dopo quindici mesi di trattativa, la Fnsi si è alzata dal tavolo.
Dopo quindici anni di silenzio — l’ultimo sciopero generale risale al luglio 2010, contro la cosiddetta “legge bavaglio” — è arrivato il momento che la categoria torni a farsi sentire. «Non per fare uno sciopero politico, ma per la dignità del nostro mestiere — ha aggiunto Costante —. Gli editori in questi anni hanno ricevuto milioni di fondi pubblici, hanno fatto prepensionamenti che hanno svuotato le casse dell’Inpgi e continuano a non investire. Quando è troppo, è troppo».
Per questo nei prossimi giorni verranno pubblicati dei comunicati della Fnsi sui giornali ed è stata organizzata a Roma una manifestazione nazionale per il 27 novembre, che sarà seguita a ruota da uno sciopero generale dei giornalisti. «Il nostro lavoro vale ancora — ha detto Costante —. Per tutelare i cittadini e l’informazione servono giornalisti qualificati e retribuiti con dignità. Penso che il nostro sia un lavoro stupendo, capace di far crescere un Paese. Ma gli editori sono entrati con le forbici e hanno tagliato tutto. Ora dobbiamo tornare forti come quando è nata la nostra categoria».
In piazza scenderanno anche i rappresentanti dei collaboratori, che chiedono l’applicazione dell’equo compenso e il riconoscimento del proprio lavoro. «O ci facciamo sentire adesso — ha concluso la segretaria — o non avremo più voce abbastanza forte. Questo sciopero è per la nostra pagnotta, ma anche per la dignità del giornalismo e per il diritto dei cittadini a un’informazione libera, qualificata e onesta».


