Coming soon. Ecco il 2. corso di Alta formazione nel Laboratorio Padova: giornalismo e ricerca per informare costruendo una società inclusiva

In Alta formazione by SGV Redazione

Pronte? Pronti?  Il progetto va avanti con traiettorie e percorsi che si intersecano. Il secondo corso di Alta formazione sta per partire. L’avvio, ai primi di maggio, sarà preceduto dalla pubblicazione di un libro che racconta l’esperienza inedita vissuta in quello che abbiamo definito Laboratorio Padova, in cui giornalismo e ricerca stanno collaborando allo scopo di informare costruendo una società inclusiva. Parole chiave, tra le altre sono verità e scienza, intese come parole aperte che spingono alla riflessione, al dibattito, al confronto in uno spazio teso a costruire contesti sociali inclusivi che riparano da pregiudizi, stereotipi, semplicismi, disinformazione e malainformazione. La libertà di stampa, la libertà di espressione, la libertà di pensiero non si possono tutelare se non si hanno da un lato gli strumenti per poterle esercitare e dall’altro gli strumenti per poterle riconoscere e comprendere.
Al tal fine è indispensabile la formazione per giornaliste/i e anche per cittadine/i davanti ai media: carta stampata, radio, tv, web.
Di qui il senso, l’impostazione del Corso organizzato da Sindacato veneto/Fnsi e Università di Padova, con Articolo21 e che al suo debutto ha visto la partecipazione di circa 50 iscritte/i provenienti dal mondo del giornalismo, della comunicazione, della didattica.
Perché frequentare questo corso? Leggete la sintesi degli interventi che seguono della direttrice, professoressa Laura Nota, ordinaria di Psicologia e del docente professor Marco Mascia, ordinario di Diritti umani all’università di Padova, in occasione della consegna del premio per i venti anni dalla fondazione di Articolo 21, lo scorso 21 gennaio, nella sala dell’Archivio antico al Bo.

Laura Nota: la pratica quotidiana dell’inclusione, questa sconosciuta
Oggi si corona un percorso iniziato nel 2018 con la partecipazione della Federazione nazionale stampa italiana al Master “Inclusione e innovazione sociale”, con una borsa per un giovane giornalista, l’organizzazione del seminario “L’informazione oltre gli stereotipi e le fake news, per la costruzione di contesti inclusivi”, nel maggio 2019, la stipula di un Protocollo di intesa il 4.10.2019 fra Università di Padova e Fnsi e Sindacato veneto, la scrittura del volume “La passione per la verità” nel 2020 con la partecipazione dell’allora Rettore Rosario Rizzuto, e la realizzazione del corso di Alta formazione “Raccontare la verità: Come informare promuovendo una società inclusiva”, appena concluso che ha visto la partecipazione di quasi 50 corsisti, giornalisti e giornaliste. Il corso ha coinvolto nel comitato scientifico giornalisti/e impegnati in azioni di trasformazione sociale insieme a docenti Unipd di dipartimenti diversi, in ottica interdisciplinare, con il patrocinio del Centro di Ateneo per i Diritti Umani, e ha permesso di promuovere atteggiamenti inclusivi, centrati sui diritti umani, processi riflessivi, di capacità critica, e abilità inclusive.
Così il premio onora il lavoro di tanti e di tante, e che diventa stimolo per procedere, per andare avanti, e mi consente di iniziare a parlare di inclusione, una parola tanto usata oggi, di cui è facile riempirsi la bocca, senza conoscerne a fondo il significato; e probabilmente se lo si conoscesse a fondo la si utilizzerebbe di meno.
E le parole, come mi hanno insegnato le mie amiche giornaliste e i miei amici giornalisti, hanno un peso, possono creare ponti o alzare muri, e vanno utilizzate per raccontare la verità e non per nasconderla o manipolarla.
Così vorrei con voi sottolineare tre aspetti dell’inclusione.

  • Inclusione è storie di qualità co-costruite. Aderire all’idea di inclusione, voler far propria la cultura inclusiva, significa fare propria l’idea che le nostre storie non sono storie individuali, non sono fatte solo dal singolo, non sono merito solo del singolo, e che gli altri hanno un peso e un ruolo significativo. Anche l’evento di oggi è una co-costruzione, lunga, lenta, attenta, paziente, fiduciosa, e mi permetto di aggiungere solidale, supportiva. E i supporti sono un toccasana, permettono di sanare, curare, comprendere pezzi di verità, fanno bene al cuore e alla mente, aiutano a fronteggiare il cinismo di altri. Ricordo solo il General Course ‘Diritti umani e Inclusione’, corso di 6 crediti aperto agli studenti e alle studentesse di tutti i corsi di laurea, triennali e magistrali, realizzato con il contributo di docenti di numerosi dipartimenti, in ottica interdisciplinare, prima esperienza in Italia, che nelle sue sei edizioni dal 2016 al 2021 ha visto il coinvolgimento di circa 2000 studenti/studentesse. Con esso abbiamo desiderato far acquisire conoscenze e competenze in grado di testimoniare ‘mentalità’, sensibilità e competenze inclusive nei lavoratori e nelle lavoratrici e cittadini del futuro e farli partecipare attivamente alla costruzione di un contesto universitario e comunitario inclusivo.
  • Inclusione è cammino. E questo mi rimanda al secondo punto che vorrei sottolineare del concetto di inclusione, l’idea di processo, di cammino, di traiettorie, intrecciate, con l’una che rimanda all’altra, una che stimola l’altra, con una che fa “gemmare l’altra” diceva l’allora Rettore Rizzuto con cui ho avuto l’onore di ricoprire il ruolo di Delegata per l’inclusione, tanto che l’inclusione la possiamo pensare con una ‘utopia’ che ci guida nel pensare e realizzare numerose strade, tanti coinvolgimenti, tante fatiche. L’inclusione e i diritti umani sono un cammino che riguarda il contesto, tutti e tutte e le persone vanno coinvolte. Le persone devono imparare a riconoscere i pregiudizi, gli stereotipi, le barriere sociali, e linguistiche, le discriminazioni e devono imparare a darsi da fare perché queste siano eliminate e a “non girarsi dall’altra parte”, perché la disabilità, il genere, lo status socio-economico, la nazione di appartenenza, la povertà, la storia di migrazione, il passato stesso delle persone, non siano variabili ancora oggi significativamente associate alla sofferenza e al disagio; dobbiamo imparare a dare voce, a fare insieme, a essere meno arroganti. Diventare meno arroganti è l’idea che è emersa dal coinvolgimento di più di cento colleghi con cui, insieme a Marco Mascia e anche alla nostra Rettrice, prof.ssa Mapelli, abbiamo realizzato il progetto “didattica inclusiva”, altro progetto unico in Italia, perché nelle nostre aule si possa sperimentare sempre di più il dare voce agli studenti, anche con difficoltà, e si punti alla co-costruzione di rapporti docente-studente di qualità. Si è trattato di una meravigliosa sfida con questi colleghi e queste colleghe, constatando al termine del percorso la riduzione dell’arroganza, la propensione a coinvolgere, il ritenere che i gruppi che abbiamo in aula sono eterogenei e sono necessarie personalizzazioni per relazioni di qualità, il sostenere che non si possono capire le persone senza averle ascoltate, senza aver dato loro voce.
  • L’inclusione è processo culturale. E infine desidero condividere con voi l’idea che l’inclusione è un processo culturale, un processo di crescita, di cambiamento, espressione di quella innovazione sociale che aspira a trasformare in meglio le nostre società. E per questo è necessario educare e formare; non basta dire siamo inclusivi, magicamente nulla accade e l’inclusione non nasce con le persone. E in questo processo educativo vanno coinvolti tutti e tutte le discipline; tutti i saperi devono contribuire in ottica interdisciplinare a declinare l’inclusione – interrogandosi, studiando, facendo ricerca – nella cura, nell’accessibilità, nelle costruzioni, ecc., e nell’informazione e nella comunicazione.

E questo mi riporta qui, oggi, agli amici giornalisti, a questi compagni e a queste compagne di avventura con i quali condividiamo l’idea che inclusione, diritti umani, verità, accuratezza, democrazia, libertà, siano questioni legate, con l’una che dà forza all’altra,  l’una che sostiene l’altra, e con i quali abbiamo deciso di combattere insieme per tutto questo, puntando sulla formazione, sulla consapevolezza che l’inclusione richiede la partecipazione e il contributo di tutti e tutte. Riteniamo che ogni disciplina e ogni professione debbano fare la propria parte, possono e devono imparare a declinare il proprio agire in modo inclusivo e avendo al cuore i diritti umani, siano essi ricercatori/trici, i giornalisti/e, ecc.; e riteniamo che per questo è necessario promuovere consapevolezza sui fattori che caratterizzano i nostri tempi, che tante minacce stanno creando, riflessività critica, e quindi capacità per attività e nuove traiettorie inclusive.
Con questa energia positiva, dando seguito alle esperienze fino a qui realizzate, desideriamo andare avanti, con azioni e progetti che “stanno dalla parte giusta”, che “sanno di buono”, che pongono al centro diritti umani, inclusione, umanità, dignità, solidità dei rapporti.
E per tutto questo, oltre che onorata, mi sento di dire che sono felice e posso dire “fortunata”, perché riuscire a lavorare – e lavorare è anche vivere, è mente, ma anche cuore, emozioni, socialità, e quindi posso dire a vivere – nonostante le fatiche e gli impegni un tale viaggio può comportare, con queste persone e con tutte quelle che si stanno unendo a noi, che credono in questo progetto sociale, nelle traiettorie che stiamo percorrendo insieme.

Marco Mascia: libertà di espressione e democrazia, il Centro Ateneo per i diritti umani
In questi suoi primi 20 anni di attività, l’impegno di Articolo 21 è stato fondamentale per tenere alta nel nostro paese l’attenzione sulla libertà di stampa. Articolo 21 è un presidio di democrazia, di lotta contro la disinformazione, di monitoraggio costante sul comportamento non solo di governo e Parlamento, ma anche di tutti gli attori privati che operano in questo settore. Fin dalla sua nascita è parte attiva nel movimento per la pace partecipando alla storica Marcia della Pace da Perugia ad Assisi e alle numerose iniziative ad essa collegate. Voglio ricordare che insieme con Articolo 21 e Beppe Giulietti proprio qualche mese fa, a settembre, in questo Ateneo, con le studentesse della Laurea magistrale in Human Rights and Multi-level Governance, abbiamo ricordato il giornalista investigativo Ján Kuciak, assassinato nel 2018 insieme con la sua compagna Martina Kušnírová, per il contributo che ha dato, al prezzo della vita, per la difesa e il progresso dei diritti umani e dello stato di diritto. Quello di oggi è un riconoscimento che voglio condividere con tutta la mia università il cui motto è Universa Universis Patavina Libertas (tutta intera, per tutti, la libertà nell’Università di Padova). Questo motto ci ricorda come la libertà di opinione e di espressione costituisca la caratteristica identitaria del nostro Ateneo fin dalle sue origini quando, come noto, gruppi di studenti abbandonarono l’Università di Bologna, a causa dei controlli sempre più frequenti e delle pressioni sulle corporazioni studentesche ad opera del Comune, per raggiungere Padova. È stata l’Università di Padova a laureare nel 1678 la prima donna al mondo: Elena Lucrezia Cornaro Piscopia. L’impegno dell’Università di Padova per la libertà si manifestò anche durante la resistenza al nazifascismo, quando nel 1943 il Magnifico Rettore Concetto Marchesi nel discorso di inaugurazione dell’anno accademico invitò a lottare contro il fascismo. L’Università di Padova è l’unico ateneo italiano insignito della medaglia d’oro al valor militare. Nella motivazione si legge che “Padova ebbe nel suo Ateneo un tempio di fede civile e un presidio di eroica resistenza.” Nel 1982 l’Università di Padova è la prima università italiana a rispondere alle raccomandazioni del Consiglio d’Europa e delle Nazioni Unite che invitavano i governi a promuovere nelle università l’insegnamento dei diritti umani e l’istituzione di centri di ricerca e formazione nel campo dei diritti umani.
Questo impegno dell’Università di Padova è oggi sancito nel suo Statuto. L’art. 1 così recita:
“L’Università, in conformità ai principi della Costituzione e alla propria tradizione che data dal 1222 ed è riassunta nel motto “Universa Universis Patavina Libertas”, afferma il proprio carattere pluralistico e la propria indipendenza da ogni condizionamento e discriminazione basata su motivazioni di carattere ideologico, religioso, politico, economico o fisico. Essa promuove l’elaborazione di una cultura fondata su valori universali quali i diritti umani, la pace, la salvaguardia dell’ambiente e la solidarietà internazionale. Impegna altresì tutti i propri componenti al rispetto di tali principi nonché dei valori della dignità di ciascuna persona”.
Quelle ora ricordate sono solo alcune delle tante iniziative che il nostro Ateneo ha assunto nei suoi 800 anni di storia per difendere i diritti umani e promuovere la pace con la ricerca, la formazione, l’educazione e l’informazione.

    • La libertà di opinione. La libertà di opinione e di espressione è uno dei diritti fondamentali più tutelati dal diritto internazionale dei diritti umani. Ci sono raccomandazioni, dichiarazioni e specifiche norme nei principali accordi giuridici promossi da ONU, UNESCO, Consiglio d’Europa, OSCE. Particolarmente significativa è la giurisprudenza della Corte europea diritti umani che ha ripetutamente sottolineato l’importanza fondamentale della libertà di espressione quale pilastro centrale della democrazia. La norma internazionale (art. 19 della Dichiarazione universale dei diritti umani e art. 19 del Patto internazionale sui diritti civili e politici) dice espressamente che la libertà di opinione e di espressione deve essere garantita al di là e al di sopra delle frontiere, affermando così che i diritti umani non hanno confini, che l’individuo non può essere molestato per la propria opinione e che tale diritto comprende la libertà di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee di ogni genere. La Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali e la Carta dei diritti fondamentali dell’UE aggiungono un ulteriore importante elemento e cioè che non ci deve essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche. Il diritto alla libertà di opinione e di espressione viene riconosciuto anche nei trattati internazionali relativi alla protezione di specifiche categorie di soggetti. Per esempio, tale diritto è tutelato dall’art. 13 della Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (1989) e dall’art. 21 della Convenzione internazionale sui diritti delle persone con disabilità (2006). Naturalmente questo diritto trova protezione anche negli accordi giuridici regionali sui diritti umani, ovvero nell’art. 13 della Convenzione interamericana dei diritti umani (1969-1978), nell’art. 9 della Carta africana dei diritti dell’uomo e dei popoli (1981-1986) e nell’art. 32 della Carta araba dei diritti umani (2004-2008). La Dichiarazione delle Nazioni Unite sul diritto e la responsabilità degli individui, dei gruppi e degli organi della società di promuovere e proteggere le libertà fondamentali e i diritti umani universalmente riconosciuti (1998), conosciuta come la Magna Charta dei Difensori dei diritti umani, sancisce il diritto di conoscere, ricercare, ottenere, ricevere e detenere informazioni riguardo a tutti i diritti umani e le libertà fondamentali, nonché il diritto di pubblicare liberamente informazioni e conoscenze su tutti i diritti umani e le libertà fondamentali. Riconosce altresì il diritto “di sviluppare e discutere nuove idee e principi sui diritti umani e di promuovere la loro accettazione”. I giornalisti che agiscono con mezzi pacifici individualmente o in associazione con altri, per promuovere e lottare per la protezione e la realizzazione dei diritti umani e delle libertà fondamentali a livello locale, nazionale, e internazionale sono Difensori dei diritti umani. Il diritto internazionale dei diritti umani impone agli Stati di rivedere la legislazione relativa alla libertà di opinione e di espressione, abrogando o modificando qualsiasi disposizione che contrasta con tale diritto.
    • Le tutele e i doveri. Il legislatore internazionale non si è limitato a riconoscere il diritto alla libertà di opinione e di espressione, si è anche preoccupato di porre restrizioni, di introdurre divieti nell’esercizio di questo diritto e di raccomandare ai governi l’adozione di misure positive che sono necessarie per tutelarlo. Il comma 1 dell’articolo 19 del Patto internazionale sui diritti civili e politici prevede la tutela del diritto alla libertà di opinione senza ingerenza alcuna. Per questo diritto il Patto non ammette eccezioni o restrizioni. Il diritto alla libertà di espressione è invece uno di quei diritti fondamentali che può essere sottoposto a “restrizioni” da parte degli stati. Tre sono le condizioni richieste dalla normativa internazionale per giustificare teli restrizioni: l’ingerenza deve essere “prevista dalla legge”, deve essere “necessaria in una società democratica” e deve perseguire un fine legittimo, quale “la sicurezza nazionale” o “la protezione della reputazione o dei diritti altrui” o la “salute pubblica”. Il diritto internazionale dei diritti umani ha introdotto anche norme che costituiscono altrettanti divieti alla libertà di espressione. Per esempio, l’art. 20 del Patto internazionale sui diritti civili e politici stabilisce che: “1. Qualsiasi propaganda a favore della guerra deve essere vietata dalla legge. 2. Qualsiasi appello all’odio nazionale, razziale o religioso che costituisca incitamento alla discriminazione, all’ostilità o alla violenza deve essere vietato dalla legge”. Secondo il parere del Comitato diritti umani delle Nazioni Unite (General Comment n. 11 – Article 20: Prohibition of propaganda for war and inciting national, racial or religious hatred, 29 July 1983), questi divieti sono pienamente compatibili con il diritto alla libertà di espressione sancito dall’articolo 19, il cui esercizio comporta speciali doveri e responsabilità. Il Comitato precisa che “il divieto di cui al comma 1 si estende a tutte le forme di propaganda che minaccino o determinino un atto di aggressione o violazione della pace contraria alla Carta delle Nazioni Unite, mentre il comma 2 è diretto contro ogni affermazione di odio nazionale, razziale o religioso che costituisca incitamento alla discriminazione, all’ostilità o alla violenza, sia che tale propaganda o advocacy abbia finalità interne o esterne allo Stato interessato”. Il diritto internazionale dei diritti umani prevede anche l’adozione di misure positive di protezione. Lo stato infatti è titolare di un obbligo positivo di proteggere il diritto alla libertà di espressione. Per esempio, l’art. 7 della Convenzione internazionale sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale impegna gli Stati “ad adottare immediate ed efficaci misure, in particolare nei campi dell’insegnamento, dell’educazione, della cultura e dell’informazione, per lottare contro i pregiudizi che portano alla discriminazione razziale e a favorire la comprensione, la tolleranza e l’amicizia tra le nazioni ed i gruppi razziali ed etnici, nonché a promuovere gli scopi ed i princìpi dello Statuto delle Nazioni Unite, della Dichiarazione universale dei diritti umani e della presente Convenzione”. Particolarmente efficace è l’art. 17 della Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza che recita: “Gli Stati Parti riconoscono l’importanza della funzione esercitata dai mass-media e vigilano affinché il fanciullo possa accedere ad una informazione ed a materiali provenienti da fonti nazionali ed internazionali varie, soprattutto se finalizzati a promuovere il suo benessere sociale, spirituale e morale nonché la sua salute fisica e mentale. A tal fine, gli Stati Parti incoraggiano i mass-media a divulgare informazioni e materiali che hanno una utilità sociale e culturale per il fanciullo; incoraggiano la produzione e la diffusione di libri per l’infanzia; favoriscono l’elaborazione di princìpi direttivi appropriati destinati a proteggere il fanciullo dalle informazioni e dai materiali che nuocciono al suo benessere”. Altri esempi significativi sono contenuti nell’art. 17 della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (Convenzione di Istanbul, 2011-2014); nell’art. 9 del Protocollo addizionale alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale per prevenire, reprimere e punire la tratta delle persone, in particolare donne e bambini (2000-2003); nell’art. 2 della Convenzione sulla protezione e la promozione della diversità delle espressioni culturali adottata dalla Conferenza generale dell’UNESCO nel 2005.
    • Condizioni per lo sviluppo personale. Insomma, il diritto internazionale dei diritti umani ci dice che la libertà di opinione e la libertà di espressione sono condizioni indispensabili per lo sviluppo integrale della persona umana e costituiscono, come ha affermato dal Comitato diritti umani delle Nazioni Unite, “la pietra angolare di ogni società libera e democratica.” (General comment No. 34 – Article 19: Freedoms of opinion and expression, 12 September 2011). Quando è violato il diritto alla libertà di opinione ed espressione sono violati anche tutti gli altri diritti fondamentali: dal diritto alla libertà di associazione al diritto alla libertà e alla sicurezza della propria persona, dal diritto ad un’equa e pubblica udienza dinanzi a un tribunale competente, indipendente e imparziale, al diritto a non essere sottoposto ad interferenze arbitrarie o illegittime nella sua vita privata, dal diritto al lavoro al diritto a costituire sindacati, dal diritto all’educazione al diritto alla salute, …. I diritti umani, tutti i diritti umani – civili, politici, economici, sociali, culturali – sono interdipendenti e indivisibili e, ricordiamolo, sono universali perché sono innati. Ineriscono alla dignità della persona. Diventano diritto positivo in virtù del loro riconoscimento, non della loro attribuzione

In un tempo in cui le violazioni dei diritti umani continuano ad essere estese e reiterate in ogni parte del mondo, anche nei paesi a più antica tradizione democratica, la sfida è quella di prendersi cura dei diritti umani per assicurare a tutti il diritto alla vita e il diritto alla pace. Prendersi cura dei diritti umani vuol dire proteggere i valori di libertà, fraternità, giustizia, uguaglianza, democrazia che sono stati posti a fondamenta dell’ordine mondiale con la Carta delle Nazioni Unite e la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e che oggi sono sotto attacco.
Prendersi cura dei diritti umani vuol dire difendere i difensori dei diritti umani che mettono a rischio la loro vita per affermare questi valori. Per prenderci cura dei diritti umani dobbiamo investire in educazione e formazione ai diritti umani e ai principi democratici nella scuola, nell’università, nelle imprese, nel mondo dell’informazione e della comunicazione.

Nella foto Laura Nota e Marco Mascia

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