Deficit Inpgi, allarme rosso: «Servono interventi urgenti di sistema»

In Servizi by SGV Redazione

La situazione dell’Inpgi è drammatica e non da ora.  E la recente ratifica dei bilanci, di assestamento 2020 e di previsione 2021, altro non fa se non confermare la fotografia di un istituto messo in grande difficoltà dalla crisi del settore e della professione: sempre più pensionati, in questi ultimi anni soprattutto pre-pensionati, e sempre meno assunzioni con retribuzione che in media – non era mai successo –  sono più “leggere” della media delle pensioni. Per non parlare  dell’esplosione degli ammortizzatori sociali che, va ricordato, sono a carico dell’Ente.

L’anno del Covid si chiuderà con un disavanzo di circa 253 milioni, che dal 2015 – ultimo consuntivo con il segno + davanti alla cifra di quasi 9 milioni e mezzo di euro – è aumentato fortemente nonostante tutti gli sforzi fatti per equilibrare i conti: la riforma del 2017 con il contributivo secco, l’innalzamento dell’età pensionabile, il contributo di solidarietà sulle pensioni più alte, la modifica delle modalità di erogazione del sussidio di disoccupazione, il piano di vendita degli immobili di proprietà. Interventi che sono andati a incidere in modo pesante soprattutto sui colleghi ancora al lavoro ma che non sono stati sufficienti a mettere in sicurezza i conti.

Disavanzo che aumenta costantemente visto che ogni mese entrano 26 milioni e ne escono 38 solo per pagare le pensioni.

L’unica strada per invertire la marcia è quella del varo di interventi di sistema per sostenere lavoro e qualità della professione.

A chiederlo con forza è la maggioranza dei consiglieri generali dell’Inpgi in un documento consegnato a Governo ed enti di categoria.

Questo il testo integrale

 “Dopo la ratifica dei bilanci di assestamento 2020 e di previsione 2021 da parte del Consiglio Generale dell’Inpgi, in considerazione del quadro che ne è emerso, riteniamo sia ampiamente confermata la necessità di procedere sulla strada indicata, da ultimo, nel documento di indirizzo della politica dell’Istituto approvato a fine giugno.

Il settore dell’informazione e della comunicazione si sta trasformando a una velocità sempre maggiore, i suoi confini si allargano e vanno a comprendere nuovi perimetri, le professioni coinvolte aumentano e si trasformano, le caratteristiche stesse del giornalismo mutano sempre più”.

“È quindi necessario che tutte le parti in gioco, dagli Enti di categoria al Legislatore, contribuiscano in tempi rapidi a una ridefinizione del settore, delle professioni, delle definizioni di cosa sia giornalismo e di quali siano gli ambiti in cui lo si esercita.

Solo questo allargamento e adeguamento ai tempi potrà permettere all’intero sistema di autogovernarsi e di sostenere i propri istituti di categoria arginando lo sbilancio tra le entrate contributive e le prestazioni previdenziali generato dalla crisi industriale che ha colpito il sistema dell’informazione e che è stato acuito dai troppi stati di crisi che hanno gravato sull’Istituto. Una situazione che rischia di degenerare ancora a causa della nuova corsa ai prepensionamenti che al Governo è stato chiesto di incentivare”.

“Oggi il giornalismo è sempre più fuori dalle redazioni svincolato dal rapporto di lavoro subordinato e reso sempre  più fragile da un precariato diffuso e mascherato surrettiziamente da collaborazioni coordinate e continuative e da prestazioni con partita Iva.

Allargare le platee è necessario per tenere insieme le diverse parti del sistema, dare risposte coerenti ed omogenee, rafforzare gli enti di categoria che devono continuare a garantire un sistema di tutele previdenziali e assistenziali costruito sulla peculiarità delle professioni chiamate a garantire il diritto all’informazione dei cittadini.

Solo in questo modo, facendo sistema, sarà possibile anche consolidare un settore industriale sferzato dalla crisi e travolto dalla trasformazione tecnologica dell’era digitale”.

Seguici su Facebook e su Twitter

Condividimi: