Ancora un rinvio. Ma almeno stamane, venerdì 23 febbraio, l’udienza in tribunale a Verona ha visto l’esame dell’altro imputato, insieme alla giornalista Raffaella Fanelli, del reato di diffamazione.
Stiamo parlando di Vincenzo Vinciguerra, che in collegamento dal carcere di Opera, ha risposto alle domande del suo difensore Michele Masso, di quello della collega, Andrea Di Pietro, e dell’avvocato di parte civile Gabriele Bordoni e infine del giudice Pasquale Laganà.
Il prossimo 4 giugno, alle 12, le conclusioni, le repliche e la sentenza.
In aula, in rappresentanza della Fnsi al fianco di Fanelli e del suo legale, Monica Andolfatto, segretaria del Sindacato giornalisti Veneto.
«Oggi abbiamo ascoltato Vinciguerra che ha confermato quanto ha sempre detto anche in altre numerose interviste rilasciate durante il periodo di detenzione. La cosa per noi dirimente – afferma l’avv. Di Pietro che assiste Fanelli – è che ha ribadito la corrispondenza al vero dal punto di vista letterale delle dichiarazioni rispetto a quelle pubblicate da Fanelli. Quindi dal punto di vista del diritto di cronaca abbiamo avuto le rassicurazioni che cercavamo. Il processo verte anche sulla verità intrinseca delle stesse dichiarazioni di Vinciguerra. Ritengo siano affermazioni di straordinario interesse pubblico, che come tali andavano necessariamente pubblicate senza la minima manipolazione da parte della giornalista come è avvenuto».
A formulare l’accusa, nel procedimento avviato il 15 dicembre del 2021 è stato il pm scaligero Marco Zenatelli ai sensi del reato 595 del Codice penale per aver “offeso la reputazione del defunto Signorelli Paolo, esponente ideologico della destra radicale e dell’antagonismo nazionale, nonché esponente di Ordine Nuovo e del Fronte sociale nazionale”.
A presentare nel 2019 la denuncia contro Vinciguerra e contro Fanelli, cronista d’inchiesta, che con il suo lavoro ha fornito un contributo decisivo anche alla magistratura su gravissimi fatti di cronaca del passato riconducibili all’eversione nera e che ha contribuito a riaprire le indagini sull’omicidio di Mino Pecorelli, è stata Silvia Signorelli, figlia di Paolo, condannato per associazione eversiva e banda armata, morto nel 2019.
Al centro della vicenda l’intervista che Fanelli fece a Vinciguerra e pubblicata su una testata on line con sede a Verona ora non più attiva.
L’articolo nell’ottobre dello stesso anno fu sequestrato su disposizione del gip scaligero con il conseguente oscuramento del sito. Misura che provocò la ferma reazione della Federazione nazionale della stampa italiana e dello stesso Sgv, e in seguito annullata dal Tribunale dopo il ricorso presentato dall’avv. Andrea Di Pietro in difesa della testata web.